LA CENA DE LE CENERI

ROMA - TEATRO INDIA - dicembre 2005 - La cena delle ceneri è un allestimento coraggioso. Il testo in volgare del Seicento, in una edizione nuova, redatta ad hoc per questo spettacolo, a cura di Federico Bellini, è estremamente difficile sia nella lettura, sia nella recitazione; di fatto una sorta di divertissement linguistico combinatorio di parole e circonlocuzioni realmente antiche, o a volte solo antichizzanti, o ancora a volte di una sorta di grammelo dell’eloquio seicentesco riprodotto e immaginato parodisticamente dal curatore dell’edizione. Il tutto ha un impatto schizofrenico sul pubblico: da una parte è affascinante ascoltare questa specie di mélange proto o pre-dadaista, e lo si può anche, in un certo senso, apprezzare come un concerto di musica concreta eseguita con il linguaggio; dall’altra parte è estremamente improbabile, almeno per il pubblico degli iniziati e colti, seguire e fruire della maggioranza del contenuto dell’opera. Questo, appunto traspare al di qua del boccascena molto più per merito dei linguaggi non parlati - il gesto, la scenografia, la mimica et sim. che per merito della parola. Qualche volta si ha l’impressione che non conti quasi più il testo, che esso venga “snocciolato” come un prodotto meccanico, e l’appunto che a questo proposito si potrebbe fare è che in particolare a quest’edizione dell’opera non interessi il contenuto suo stesso. A più riprese lo spettacolo però stupisce e impressiona. Come un basso continuo è accompagnato dall’antagonismo nei confronti della cultura anglosassone con cui Bruno si confrontò per tutta una serie di circostanze biografiche. Il disprezzo (a quanto pare ricambiato), addirittura, verso la cultura inglese si trova in Bruno ma era un portato di gran parte delle culture latine del ’600, e si manifesta qui in un’ampia scelta di trovate drammaturgiche e di arguzie, che basterebbero da sole a suscitare l’interesse del brano. La scenografia è un pavimento costituito da un’ampia piscina, i cui riflessi lucenti oscillano tra il rosso e il verde. In questo spazio acqueo camminano i quattro interpreti, che nel momento dell’incontro e del dialogo con le autorità inglesi si caricano improvvisamente di oggetti e decorazioni che sembrano ispirate al mondo, e ai riti precolombiani. Si intravvede, infine e, specialmente, a causa dei citati caratteri a modo loro esoterici dell’agire (la sua ritualità) un mondo della trascendenza, inequivocabile nell’ecclesiastico nolano, e di valori ultimi del’umano. (gennaio 2006)
Interpreti: Danilo Nigrelli, Marco Foschi, Fabio Pasquini, Annibale Pavone
Regia: Antonio Latella
Costumi: Emanuela Pischedda
Suono: Franco Visioli
Luci: Giorgio Cervesi Ripa
