X

Su questo sito utilizziamo cookie tecnici e, previo tuo consenso, cookie di profilazione, nostri e di terze parti, per proporti pubblicit‡ in linea con le tue preferenze. Se vuoi saperne di pi˘ o prestare il consenso solo ad alcuni utilizzi clicca qui. Chiudendo questo banner, invece, presti il consenso allíuso di tutti i cookie



La luce di Anita

Pubblicato il 15 gennaio 2015 da Monia Manzo


La luce di Anita

Ci ha lasciato per sempre in una clinica dei Castelli Romani, a Grotta Ferrata, luogo al quale era affezionata da anni e in cui si era rifugiata dopo il ritiro dai riflettori.
Kerstin Anita Marianne Ekberg era nato il 29 settembre 1931 a Malmö, in Svezia. Cresciuta in una famiglia numerosa, iniziò la sua avventura nel mondo patinato dopo essere stata eletta Miss Svezia nel 1950. Non riuscì invece a vincere il concorso di Miss Universo, che avrebbe ben meritato ma in quell’occasione ottenne comunque un importante contratto come modella negli Stati Uniti. Firmò quasi subito subito un contratto con la RKO, dopo essere stata notata dal celeberrimo Howard Hughes, il quale ha ispirato importanti film biografici come "The Aviator", in cui spicca la sua verve di sciupafemmine e di personaggio straordinariamente eclettico.
Ebbene Anita fu una delle donne veramente amate dal multimilionario, che l’avrebbe addirittura voluta sposare.
La giunonica e straordinaria svedese girò i suoi primi film intorno alla fine degli anni Cinquanta accanto a Jerry Lewis e Dean Martin tra cui "Artisti e modelle" del 1955.
Ricevette il primo Golden Globe come attrice emergente nel 1956 per l’ultimo film della coppia Lewis-Martin, Hollywood o morte! diretto da Frank Tashlin. Sempre nello stesso anno King Vidor le affidò una parte nel kolossal Guerra e pace. Dopo aver girato nel 1959 Nel segno di Roma, diretto da Guido Brignone, in cui interpretò la regina Zenobia, che si ribella all’Impero Romano, la Ekberg ottenne il fondamentale ruolo di Sylvia nel film che la rese un’icona di stile e magica bellezza nella La dolce vita di Federico Fellini (1960): la scena del bagno nella Fontana di Trevi diventerà un classico che entrerà per sempre nella storia del cinema mondiale e che ancora oggi continua ad avere emulazioni e citazioni.

Fellini tornò poi a dirigerla nel geniale episodio "Le tentazioni del dottor Antonio" in Boccaccio ’70 (1962), con Peppino De Filippo, e nella parte di se stessa in I clown"s (1970) e Intervista (1987). Nel 1963 tornò a Hollywood dove recitò in I 4 del Texas per la regia di Robert Aldrich e accanto a Dean Martin, Frank Sinatra e Ursula Andress; lo stesso anno fu accanto a Bob Hope in Chiamami Buana.

Anita Ekberg è nell’immaginario di tutti l’eterea carnalità, la dolcezza e leggerezza che esprimono sensualità senza mai essere volgari, la morbidezza di un corpo femminile per eccellenza, anche quando non fu più perfettamente in linea.
Ha insegnato a molto alle donne italiane e non solo, che attraverso un’immagine mai troppo diva, seppur mozzafiato, si può donare sempre qualcosa di divertente e spiritoso, emblematico fu il suo sguardo di svedese, consapevole di provocare scandalo al cospetto di una cultura cattolica e moralista come quella italiana.
Ma come non amarla? Chissà cosa avrà provato la donna più amata degli anni 60’ nel capire di essere rimasta sola, con infermiere e badanti, senza più un soldo. Costretta a chiedere alla Fondazione Fellini dei contributi per le cure ospedaliere; a Berlino nel 2012 si è tenuta una festa organizzata da Wofgang Eissler proprio per aiutarla, visto che a Roma pochi si sono occupati della sua fase declinante.
Chissà se i suoi occhi avranno continuato a brillare di riflesso di quella luce abbagliante che la illuminavano ovunque apparisse... Ci piace ricordarla così: sognante, incurante della propria bellezza, che cammina nell’ incantevole Fontana, fendendo l’acqua con la grazia, sola, dell’onirico felliniano.
Non si vuole per questo rendere la sua immagine di attrice una mera icona, visto che la sua carriera non fu affatto modesta, ma solo dirle grazie per aver fatto sognare milioni di persone che per la prima volta scoprivano il cinema italiano attraverso l’immagine iconoclasta più irriverente della Roma papalina.



Enregistrer au format PDF