La Scimia

“...lo sanno a memoria il diritto divino e scordano sempre il perdono” F. De Andrè Il testamento di Tito
Genesi del peccato e Oblio del perdono
Si potrebbela definire La Scimia di Emma Dante (in scena fino al 22 di Gennaio al Teatro Vascello di Roma) come “la conferma di una sorpresa”, gli spettacoli di questa brava e coraggiosa regista siciliana ci stupiscono ogni volta esattamente come ce lo aspettavamo.
Il dramma, tratto da Le due zitelle di Tommaso Landolfi, racconta di una bizzarra scimmia, appunto, che arriva ad inquietare e a disturbare la vita di due zitelle (Nena e Lilla) e di due preti (Padre Alessio e Padre Tostini) tutta fatta di religione e devozione.
Una vita frustrata e sacrificata, vissuta nel terrore, nel peccato e nel timore di Dio; un’esistenza claustrofobica che per le due donne si trasforma in una gabbia infernale che arriverà fino a privarle della capacità di comprendere e perdonare.
Irriverente e sacrilego, l’animale scombina senza rispetto l’altare e mangia l’ostia consacrata; di qui la decisione di punirlo per l’orribile misfatto con la morte. Ne scaturisce una commosa dichiarazione teologia di padre Alessio (interpretato dal bravissimo Gaetano Bruno) sulle forme dell’esistenza di Dio e sulla del concetto di peccato.
Lo spettacolo è composto da pochi elementi essenziali, gli attori compiono un grande sforzo di immedesimazione nel personaggio tanto da diventare fisicamente irriconoscibili. A parte l’ottimo lavoro tecnico fatto sulla voce e lo straordinario sforzo fisico che gli attori sono costretti a sostenere correndo in continuazione da una parte all’altra della scena facendo salti rocamboleschi, lo spettacolo é molto ben costruito sopratutto da un punto di vista narrativo.
Partendo dal romanzo di Landolfi Le due zitelle Emma Dante e Elena Stancanelli (che con lei ha lavorato al testo) hanno realizzato un ottimo lavoro di sintesi tra parola scritta e parola interpretata: non c’e nello spettacolo un gesto casuale o uno che in un qualche modo non verrà poi ricondotto ad un certo punto ad avere uno specifico valore all’interno del dramma.
Tutto é costruito sulla riproduzione di una ritualità statica e fredda che riflette simbolicamente l’incapicità comunicativa dei personaggi che, sordi e cechi verso il mondo, voltano le spalle al pubblico per quasi tutto lo spettacolo. A denuciarlo è il dramma stesso che esordisce con la battuta “Lo vede, padre Tostini, che qui non c’è nessuno?”
Chiusi in un universo composto da riti, obblighi e castighi, i personaggi vengono sconvolti dalla ribellione della scimmia che arriva non solo a stravolgere le loro certezze ma anche a soccorere il pubblico, fino a quel momento lasciato solo a sbrogliare una complicata matassa, trascinandolo letteralmente dentro lo spettacolo.
Sguardo puro sul mondo e privo di filtri sociali “La Scimia” aiuta lo spettatore a sentirsi partecipe e a comprendere meglio l’universo complesso e chiuso in cui si muovono gli altri personaggi.
Condannato ingiustamente a morte per la sua purezza e ingenuità (che non le permette di comprendere l’orrendo atto sacrilego che avrebbe commesso) un pò come l’Idiota di Dovstoevskij, l’animale non si può difendere e subisce tristemente il suo destino.
La scimmia, nostro progenitore, rappresenta l’uomo prima della civilizzazione ed è un essere puro e pertanto innocente.
Condannandolo Emma Dante ci mette di fronte ad una storia che ci viene raccontata, ormai, da molti secoli.
Adattamento di Elena Stancanelli e Emma Dante
liberamente ispirato a Le due zittelle di Tommaso Landolfi;
Artisti: Gaetano Bruno, Sabino Civilleri, Marco Fubini, Manuela Lo Sicco, Valentina Picello;
Regia: Emma Dante;
Scenografia: Mela Dall’Erba;
Costumi: Claudia Calvaresi;
Luci: Tommaso Rossi;
