La trilogia degli occhiali di Emma Dante al Palladium

Il vetro che separa lo sguardo dal mondo, quello delle lenti degli occhiali, diviene per Emma Dante strumento di esplorazione, ma più che dell’esterno di un universo interiore, che in questa trilogia viene mostrato nei suoi vari aspetti. Al teatro Palladium dal 9 al 27 marzo è stato in scena lo spettacolo dal titolo La trilogia degli occhiali. Tre ore e tre diversi episodi, che hanno animato il pubblico raccontando il mondo visto attraverso gli occhiali, ma soprattutto filtrato da una prospettiva interiore. Si comincia con Acquasanta, la vicenda di un ex-mozzo a bordo di una nave, maldestro ed assetato, che può vedere soltanto un mare in burrasca...
Così come in altre piéce della Dante, ci ritroviamo di fronte ad una parlata “mozzicata”, poco comprensibile, in dialetto; eppure il gesto accentuato, la mimica facciale raccontano prossemicamente ciò che lo spettatore deve capire. Così trova ragione il pensiero buddista inerente allo specchio, ossia al fatto che l’ambiente si comporta per ognuno in base alla propria interiorità. Quindi uno stato d’animo insicuro ed instabile troverà senz’altro un ambiente instabile, come è quello del mare, governato dalle onde, ma soprattutto da una nave dove tutti sono scorbutici e autoritari e non fanno altro che rispettare il caos interiore del marinaio, comandandolo e facendosi burle di lui.
La seconda vicenda porta il nome di Il castello della zisa, una casa di cura probabilmente, dove due suore si occupano di un paziente catatonico. Le loro camminate nevrotiche si incrociano sulla scena e stavolta il linguaggio si fa ancora più ermetico: al dialetto si sostuisce una lingua straniera e la gestualità viene portata all’eccesso, per rendere esplicito un dialogo altrimenti incomprensibile.
Frenesia di metter tutto in ordine laddove un ordine non può esserci: un luogo che ospita coloro che sono governati dal caos. E ancora una volta l’ambiente non può che rispondere “per le rime”, facendo il verso all’animo inquieto sia del ragazzo che delle due monache che lo stanno seguendo, che tentano di farlo giocare e che vorrebbero vedere al di là dei loro occhiali un mondo che sia ordinato: quindi stavolta le lenti appannano la vista. Ma invece di migliorarla, le due non vengono mai accontentate e si ritrovano a dover ricucire ciò che è stato scucito nello spazio, come dei doppi di Penelope, in attesa di un qualcuno, o meglio di un qualcosa che però non arriverà mai: un ordine utopico, che le rende vittime ossessive di un’armonia estranea a questo mondo.
Infine si assiste alla rappresentazione più suggestiva, dal titolo Ballarani, il racconto di una coppia di anziani che con i loro occhiali conducono un viaggio a ritroso nel loro passato, ripercorrendo tutte le tappe del loro amore e affascinando il pubblico con un linguaggio universale: quello in cui a parlare è il sentimento più bello, filtrato dalle parole bagnate di Sicilia, che evocano ancor di più l’atmosfera romantica che avvolse i due coniugi.
Gli occhiali qui divengono lo strumento della memoria, lenti che fanno luce su un passato già vissuto e forse un po’ dimenticato, che attraverso danze, sguardi languidi, schermaglie amorose e timide dichiarazioni, si accende, divenendo il contenitore di ricordi vissuti non solo con la mente, ma anche con il corpo. Un passato che ha disegnato sulla scena una storia capace di strappare lacrime e sorrisi ad un pubblico che rischiava di pensare ad una Emma Dante un po’ sbiadita rispetto al suo solito, che però ha saputo concludere il suo spettacolo con la luce accecante di sempre, portatrice delo strascico di tante riflessioni.
(La trilogia degli occhiali); Regia: Emma Dante; disegno luci:Cristina Fresia; scenografie: Emma Dante ; costumi: Carmine Maringola e Emma Dante; interpreti: (Claudia Benassi), (Sabino Civilleri), (Elena Borgogni), (Carmine Maringola), (Stéphanie Taillandier), (Onofrio Zummo); fotografia: Giuseppe Di Stefano e Carmine Maringola;teatro e date spettacolo: teatro Palladium, 9-27 marzo 2011; info: produzione Sud Costa Occidentale;
