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Libri - Fughe da Hollywood

Pubblicato il 7 dicembre 2009 da Fabiana Proietti


Libri - Fughe da Hollywood

Fughe da Hollywood è un prodotto pensato fin nei dettagli, in grado di riassumere intenti e finalità del lavoro di Simone Emiliani e Carlo Altinier. A partire dalla copertina, che mostra la scena-clou de Il Laureato di Mike Nichols, con la gamba velata dai collant di Mrs Robinson protesa per sedurre l’impacciato Ben, passando per il titolo, che omaggia il film ’maledetto’ di Dennis Hopper, sono già tracciate le coordinate attraverso cui i due autori hanno deciso di affrontare una materia tanto vasta e appassionante come la New Hollywood.
Perché, se il film cult di Nichols rappresentava la creatività, l’irruzione del nuovo all’interno dell’industria hollywoodiana, con la sua colonna sonora pop, la negazione dell’happy end, la scelta di un protagonista assolutamente distante dagli standard dei grandi Studios, Fuga da Hollywood - The Last Movie, 1971, è l’emblematico titolo originale - è il contraltare di questa vitalità artistica, la sua esasperazione, il sostanziale fallimento del sogno del cinema hippie avviato con il road movie di Easy Rider.
Innestare quindi su quell’immagine di copertina un simile titolo significa prendere posizione in partenza sull’oggetto in esame, e raccontarlo come una lunga, appassionante e folle cavalcata lungo storie, nomi e volti che da un lato hanno rivoluzionato la cinematografia americana e dall’altro sono crollati sotto il peso della propria rivolta.

Il primo capitolo, La metamorfosi: il libro e il documentario Easy Riders Raging Bulls, ricostruisce il movimento dei giovani autori partendo dall’omonimo documentario di Kenneth Bowser (a sua volta basato sul libro di Peter Biskind), dove cineasti, attori e produttori ricordavano il periodo in cui "la generazione sex, drugs and rock’n roll salvò Hollywood".
Quella affrontata dagli autori è una singolare opera di traduzione, che traspone sulla pagina le immagini del documentario, capitolo per capitolo, mettendo ordine nei ricordi affastellati dei protagonisti, che ricordavano Bert Schneider, produttore, tra gli altri, del bellissimo Cinque pezzi facili di Bob Rafelson, figura chiave e controversa - c’è chi lo idolatra, e chi, come l’attrice Karen Black, ne aveva paura - e raccontavano dell’amore sbocciato sul set di L’ultimo spettacolo tra la bella Cybill Shepherd e il regista Peter Bogdanovich; e ancora i festini a base di cocaina, quella stessa che distrusse la carriera del grande Sam Peckinpah e quasi rovinò Scorsese, ’salvato’ dal suo Raging Bull, Toro Scatenato, film che - nel 1980 - viene indicato dagli autori come punto limite della New Hollywood, includendovi dopo l’exploit al botteghino de Lo squalo di Spielberg, del 1975, anche i successi di Star Wars (1977) e Alien (1979).
E’ un incipit denso, pieno di dati e nomi, che spaziano dai successi di William Friedkin, alle grandi pellicole di due antesignani della corrente, Robert Altman e Arthur Penn, che pur non rientrando anagraficamente nel gruppo dei Movie Brats, fornirono le basi per un diverso modo di fare cinema, fortemente improntato alle esperienze delle Nouvelle Vague europee: il magnifico Gangster Story di Penn è un perfetto esempio di ibridazione tra genere americano e stile europeo, con i godardiani jump cut iniziali sui primi piani di Faye Dunaway (che ricordano quanto fatto, oggi, da Michael Mann con i suoi anni Trenta in digitale per Public Enemies...).
Si passa poi a esaminare la figura centrale del pigmalione Roger Corman, che con la sua factory fece da mentore alla generazione dei Lucas, Coppola e Scorsese, e a proposito della quale viene fatta un’interessante distinzione rispetto all’altra, celebre factory, quella di Andy Warhol, votata alla replica, allo svuotamento dell’autorialità, laddove l’artigianato di Corman riusciva a imporre lo stile personale dei giovani registi.

Il libro viene giocato sugli opposti, tra continuità e rottura: alcuni capitoli si addentrano infatti nelle innovazioni del periodo - prezioso dal punto di vista filologico il capitolo sull’Underground Hollywood, la corrente più sperimentale e artistica del New American Cinema - evidenziando gli elementi di novità rispetto alla cinematografia americana classica, tra cui la sensibilità verso il fenomeno dell’alienazione metropolitana declinata tanto nelle forme del dramma - Un uomo da marciapiede, Panico a Needle Park - quanto in chiave di genere, con l’impianto poliziesco di film come Una squillo per l’ispettore Klute o Il braccio violento della legge (nel capitolo Malinconie metropolitane).
Altri invece si soffermano sulla continuità con i predecessori, sul rapporto dei giovani autori con la nozione di genere, perpetrata ma investita di nuovi valori, nei capitoli Ritorno al passato, Quel che resta della vecchia Hollywood e Atmosfere, forme, generi.
Quest’ultimo capitolo rende conto di fenomeni meno celebrati della New Hollywood, come la blaxploitation, contestualizzata rispetto alla maggiore visibilità acquisita dai movimenti per i diritti civili dei neri e da quelli femministi, mentre l’ultimo paragrafo, Viaggio nei generi tra classicismo e modernità, opera una ricognizione finale sui generi, il western sfruttato per portare alla ribalta protagonisti anarchici e ribelli fedeli agli ideali dei movimenti studenteschi, o il musical, che vive forti contaminazioni, arrivando agli eccessi del Rocky Horror Picture Show.
E poi l’horror, rinnovato, o meglio rifondato, con lucida programmaticità da George Romero, Tobe Hooper, Wes Craven. E per finire il cinema erotico o porno-soft di Russ Meyer, arrivando al porno, salito alla ribalta col Gola Profonda di Gerard Damiano, e il comico di Mel Brooks (un unico capitolo per i generi più fisici dell’universo cinematografico...).

Impossibile riportare in questo spazio tutti i fenomeni cinematografici contemplati da Fughe da Hollywood. Non si tratta di un volume analitico, ma di un testo divulgativo, dal taglio storico e allo stesso tempo appassionatamente cinefilo, che con l’ausilio di alcuni riferimenti bibliografici imprescindibili come l’opera di Geoff King, del nostro compianto Franco La Polla, e di Art Simon (che cita Andrew Sarris, e la sua nozione di autore e "director as superstar" per il New American Cinema), riesce a coprire un decennio così fertile cui ancora oggi è necessario confrontarsi quando si voglia parlare di cinema della modernità.
La New Hollywood come spartiacque tra classico e postmoderno viene qui ripercorsa come in uno zapping ipercinetico, con uno stile narrativo, persino romanzesco - specie nella prima parte - che sembra quasi sfogliare un album di famiglia tanta è l’empatia e la confidenza dimostrata dagli autori nei confronti del proprio materiale.


Autori : Simone Emiliani, Carlo Altinier
Titolo : Fughe da Hollywood. I dieci anni che sconvolsero il cinema americano.
Editore : Le Mani
Collana : Cinema. Saggi
Dati : 336 pp, brossura, inserto foto a colori
Anno : 2009
Prezzo : 18,00 €
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