Libri - Jim Jarmusch. Il fascino della malinconia

Il fascino della malinconia. Questo il sottotitolo che Chiara Renda dà al suo saggio su Jim Jarmusch edito per Le Mani. E non poteva operare scelta migliore l’autrice per rappresentare con una sola frase il mondo, la poetica e l’universo di emozioni e di storie che il regista di Akron, piccola città industriale dell’Ohio, ha saputo creare con il mezzo cinematografico. Un universo in cui le contaminazioni, più che influenzare, hanno svolto un ruolo ontologicamente costitutivo del paradigma filmico del regista, garantendo e in qualche modo proteggendo una continua e immediatamente avvertibile osmosi tra forme d’arte diverse quali, solo per citarne alcune, musica e letteratura.
Nel cinema di Jarmusch si rintracciano le forme di un free jazz sganciato da esiti prevedibili. Proprio come un Jazzista impegnato in un assolo, sembra attingere solo da una pulsione interiore dettata da una inesauribile spinta emotiva, nella costruzione dei propri film che appaiono, così, come un sommarsi di istanti privi di una qualche ideale scala gerarchica. In una dimensione, dunque, sospesa tra universo onirico e metropolitano, in un tempo indeciso tra l’impalpabilità del ricordo e la contemporanea astrazione metafisica del presente, rumori, echi, suoni e musica costruiscono universi paralleli in un continuo e reciproco scambio.
La Renda prende dapprima in esame la totalità della produzione cinematografica di Jarmusch, racconta le sue origini attraverso le parole dello stesso protagonista. Origini quanto mai fondamentali per riuscire ad accostarsi a pellicole che da Permanent Vacation in poi tracciano il percorso artistico di quello che oggi resta forse uno dei pochi autori realmente indipendenti del panorama americano. Il libro racconta della realtà filtrata dalla macchina da presa di Jarmusch, dei personaggi (come non chiamarli antieroi) che faticano a scivolare fuori dalla memoria dopo averne vissuta la vita sullo schermo, di un cinema difficilmente catalogabile seguendo la rigida schematizzazione dei generi. La Renda parla di pastiche e ancora una volta non si può che concordare, perché anche quando la narrazione appare più canonica subentra all’improvviso e inevitabilmente un’apertura verso un qualcosa di diverso che và ad intaccare sia i tempi che i modi della rappresentazione.
Dopo i primi quattro capitoli (introduzione inclusa) il testo propone una rilettura ed una analisi cronologica, film per film, sino ad arrivare a Broken Flowers, da alcuni criticato con troppa ed arrogante faciloneria ma, in realtà, ancora una volta splendido esempio della autenticità priva di retorica con cui il regista racconta il mondo e la vita che in esso scorre. Anche questa parte più analitica non dimentica però di adottare uno sguardo d’insieme sulla poetica di Jarmusch, cosa che permette al testo di apparire omogeneo rendendo piacevole ed interessante la lettura.
Il libro di Chiara Renda restituisce pienamente sensi e significati del cinema di Jim Jarmusch, lasciando trasparire la passione e l’amore dell’autrice per il suo essere regista fuori dal coro, cantore di quell’urlo sommesso di esistenze sradicate dal vivere reale, figlie di un continuo inseguirsi di drammatico esistenzialismo e malinconica ironia.
Autrice: Chiara Renda
Titolo: Jim Jarmusch. Il fascino della malinconia
Editore: Le Mani
Collana: Extralights
Dati: 170 pp; illustrazioni b/n
Anno: 2008
Prezzo: 10 euro
webinfo: SCHEDA LIBRO SUL SITO LE MANI EDITORE
