Libri - Stanley Kubrick. Non ho risposte semplici

Dopo i volumi su Chaplin, Mamet, Truffaut, Scorsese e molti altri, esce Non ho risposte semplici, il nuovo libro di Minimum Fax Cinema dedicato a Kubrick. Stanley Kubrick Interviews è il titolo del testo originale curato da Gene D. Phillips, che ci arriva nell’impeccabile traduzione di Anna Mioni e accompagnato da una lucida prefazione di Emiliano Morreale.
Il volume è un’accurata raccolta di interviste e articoli che coprono l’intero arco della carriera del regista. E’ prima di tutto la qualità e la natura degli interventi a rendere interessante il libro: una varietà di voci, di giornalisti e critici più o meno famosi, indubbiamente diversi nel tono e nell’approccio, che delinea un ritratto del regista composito e in un certo senso cangiante; Kubrick diventa il protagonista oggettivato del lavoro, raccontato ‘a pezzi’ da questi sguardi dal passato. Mai vero e proprio narratore, sempre filtrato dai diversi autori che, di volta in volta, compaiono nel testo, K. è sempre l’oggetto non meglio identificato al centro del libro. Queste pennellate diventano i sedimenti di una critica che ha messo Kubrick nel pantheon del sistema-cinema contemporaneo, riconoscendone l’imprescindibile unicità. Questo testo ricompone la genesi di un tale intendimento. E risulta interessante seguire la dinamica di questa stratificazione della critica. Cambia lo stile, la conoscenza del personaggio e la rilevanza che gli viene accordata, cambiano i sentimenti che muovono gli autori; Kubrick, che nei primi interventi è un esordiente, diventa un autore, e man mano che le pagine aumentano, diventa un maestro e poi ancora un vate. Ne esce un mosaico di una ricchezza eccezionale, proprio in virtù della sua volontaria parzialità, della sua inautentica sintesi.
Come precisa il curatore Phillips, le interviste del libro non sono state riviste in maniera sostanziale. Kubrick si ripete spesso: è allora proprio a partire da quei concetti, su cui il regista ritorna pervicacemente col passare degli anni, che si può forse accennare una fotografia più nitida di Kubrick, come autore, come personaggio e come uomo.
Così, Colin Young ci racconta il rapporto di Kubrick con le case di produzione, dalle quali bisogna tenersi il più possibile lontani se si vuole l’indipendenza. Da Elaine Dundy, invece, abbiamo un resoconto arguto e faceto (a tratti illuminante) degli umori e della vita sul set de Il dottor Stranamore. Jeremy Bernstein, invece, in un pezzo del ’66, disegna un ritratto approfondito e puntuale della personalità e dell’opera di Kubrick, a partire dalla sua passione per gli scacchi. Densi di interesse, poi, i ricorrenti cenni su Napoleon, il film su Napoleone che non ha mai visto la luce, sulla cui preparazione verte il pezzo di Gelmis del 1970.
Con l’intervista per Playboy di Eric Norden, all’indomani di 2001 Odissea nello spazio, scopriamo che la rilevanza di Kubrick è ormai tale che gli si pongono domande più adatte a un profeta o uno scienziato pazzo, che a un regista. Domande come: ‘Cosa pensa che troveremo sulla luna?’ e ‘A lei interessa farsi ibernare?’
Grazie a Siskel, nel ’72, forse riusciamo a intuire per qualche pagina l’affilato funzionamento di quella macchina enigmatica che è il cervello di Kubrick. Quel meccanismo affascinante che fa dire a Clines: ‘Kubrick non parla del cinema come il capitano Achab insegue la balena, ma piuttosto come un fisico potrebbe lanciare in aria e riprendere la mela di Newton’. E nuovamente con Siskel, nell’87, scopriamo il rapporto di Kubrick col suo personaggio e con le piccole leggende che intorno a lui si sono create, come quando si diceva guidasse la sua auto con indosso un casco da football.
La voce che resiste nel tempo, che non cambia mai in maniera sostanziale, è proprio quella di Kubrick. E’ il suo tono. Spesso divertito, spietatamente razionale, disincantato. Tremendamente appassionato ma sempre esatto nelle sue affermazioni. Emerge un ritratto sfuggente ed enigmatico di un uomo perennemente affascinato dai contrasti e dai conflitti interiori dell’umano, vittima di un particolarissimo misto di attrazione e repulsione per le passioni dei suoi simili. Ed è forse questo un nuovo punto di partenza per riflettere ancora una volta sul senso del suo cinema, così coerente eppure splendidamente diviso tra strutture anti-antropocentriche e l’inesausto racconto di un uomo cinematografico che è sempre specie, di un individuo che è l’umanità.
Leggiamo il diario corale di una vita e la cronaca di una imprescindibile metamorfosi del cinema. Seguiamo Kubrick nella sua accurata e costante modificazione del mezzo cinematografico, vediamo il pubblico e la critica che lo inseguono, lo perdono, lo rifiutano, lo ricercano nuovamente. Ed è lento, questo movimento intorno a Kubrick: è un mutamento strutturale che richiede decenni e di cui qui possiamo tracciare gli affascinanti percorsi. Nel fluire di queste pagine apprendiamo la ferrea continuità che c’è tra rivoluzione ed evoluzione e siamo testimoni della sconcertante vastità del pensiero e dell’opera di un genio.
Autore: A cura di Gene D. Phillips
Titolo: Stanley Kubrick. Non ho risposte semplici. Il genio del cinema si racconta
Editore: Minimum Fax
Collana: Cinema
Dati: 291 pp.
Prezzo: 14,50 €
Web info: Sito minimum fax
