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Licia Maglietta con Manca solo la domenica, al teatro Valle

Pubblicato il 15 marzo 2010 da Laura Khasiev


Licia Maglietta con Manca solo la domenica, al teatro Valle

Una stanza e una donna al centro, vestita di nero, accanto a lei un musicista: questi gli elementi scelti dall’attrice Licia Maglietta per ricreare la storia di Borina, un personaggio atipico che comincia il suo monologo parlando della sua giovinezza trascorsa in un piccolo paese, dove quasi tutti si conoscono e dove l’apperenza conta più della sostanza.
La donna si racconta parlando di un passato poco felice, in un luogo dove le ragazze si dovevano maritare presto e una come lei, troppo alta, troppo magra, troppo seria, insomma un po’ troppo in tutto, non avrebbe trovato la sua anima gemella tra i modesti uomini di paese.
La Maglietta ha preso il testo e se lo è cucito addosso, inserendosi in una scenografia da lei stessa creata (del resto la laurea in architettura le torna utile in diverse occasioni), bella e brava ha saputo intrattenere il pubblico con un monologo, estrapolato dalla storia scritta in terza persona dalla Grasso.
La storia narra di un passato da ragazza poco corteggiata, che l’ha condotta ad intraprendere un’attività del tutto bizzarra... Tutto ebbe inizio perché l’unico uomo disponibile a sposarla fu proprio quello che lei mai avrebbe voluto, un brutto siciliano, basso e calvo, che dopo un po’ partì per l’Australia per fare fortuna.
Il racconto di Borina procede senza esitazione, cavalcato dalle note del musicista russo Vladimir Denissenkov, che con la sua fisarmonica fa scivolare le parole di questo testo in un’atmosfera lontana, disegnata dall’immaginazione dello spettatore, coadiuvato dalla grande potenza scenica esercitata dalla Maglietta.
L’attrice è infatti riuscita a ricreare la stessa sensazione che si ha di fronte ad un’intera compagnia di attori, lei, sola sul palco, da grande protagonista ha saputo raccontare una storia, facendo sorridere, evocando immagini e luoghi con pochi segni scenografici e la sua verve, un vestito nero e parole scandite e fatte scorrere veloci, per parlare della sua ossessione per il cimitero, laddove ogni giorno si recava per porre fiori e pulire tombe a mariti morti prematuramente. Tutti i giorni senza mai mancare, come se fosse una missione, Borina si presentava al camposanto, sceglieva la tomba e la curava come fosse quella del marito, immaginando come sarebbe potuta essere la sua vita con un uomo piuttosto che con un altro. Tutto ciò divenne per lei una ritualità indispensabile a riempire le sue giornate, tutte, tranne la domenica, giorno in cui le vere mogli, andavano a porgere fiori e preghiere davanti alle tombe dei loro mariti. Donne ingiuste per Borina, che aveva fatto di quelle visite un vero e proprio impegno da rispettare. Il suo esser vedova era per lei uno status, che non voleva perdere a nessun costo, angosciata dalla possibile mancanza di quell’impegno che la portava a comprare vestiti ed accessori di colore nero, adatti ad una vedova perfetta ed impeccabile come lei, che vedova ancora non era... meccanicamente addolorata, proprio come una vera attrice recitava la parte della donna sola e devota al suo compagno scomparso, l’espressione malinconica sul volto e l’impegno verso quegli uomini a lei erano degli sconosciuti, che però la salvavano dalla solitudine.
Questo monologo dal sapore apparentemente macabro, è riuscito anche a trasmettere qualche risata, fa riflettere principalmente su quello che è il dramma di molte persone, ossia la solitudine, che può esser capace di logorare l’animo senza che nessuno se ne accorga, causata non necessariamente dalla mancanza di compagnia di persone, ma anche dal non avere un lavoro o dal vivere in una situazione in cui si diventa prigionieri di se stessi, come per Borina, vittima dei pettegolezzi e dalla grettezza di un paese dal quale non è riuscita ad andar via. L’incubo più grande per Borina era il ritorno del marito, che presto infatti giunse in paese e anche se irriconoscibile, si presentò davanti alla sua vecchia casa con le pretese dovute di un marito. La donna disperata lo assecondò, meditando intanto come far morire l’uomo, facendolo sembrare un decesso naturale. Il piano fu attuato, un problema di alimentazione avrebbe potuto essere fatale all’ormai vecchio consorte e così Borina riuscì a liberarsi di lui, realizzando il suo sogno più grande e acquisendo, stavolta per davvero, la tanto agognata “condizione di vedova”, con la differenza che stavolta alle sue giornate di visita al cimiterò, non mancherà neppure la domenica... La bravura di Licia Maglietta ha sorpreso il pubblico, nonostante sia già conosciuta la sua bravura e poderosità scenica. Dall’intervista da lei rilasciata, si è potuta intravedere una certa severità, che la porta a scoraggiare i giovani ad intraprendere quello che lei definisce uno dei mestieri più difficili, quello del teatro, a cui lei stessa ha dedicato la vita, consapevole però che esso richiede non solo i sacrifici di tutti i lavori, ma anche un coinvolgimento che viene dell’anima e che non tutti possono permettersi.


(Manca solo la domenica); Regia:Licia Maglietta; drammaturgia: dal romanzo Pazza è la luna, di Silvana Grasso; luci: Cesare Accetta; scenografie: Licia Maglietta; costumi: Katia Esposito; interpreti: (Licia Maglietta), (Vladimir Denissenko) teatro e date spettacolo: Teatro Valle dal 16 al 21 febbraio.


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