Lo specchio

In un verdeggiante paesaggio di campagna prende vita l’infanzia di Alekseij il quale trascorre i suoi ultimi istanti rievocando i ricordi della propria esistenza. Ricordi che assumono la consistenza di un poema tramite i fotogrammi della pellicola, supportati dalla voce narrante di Alekseij, intenta quest’ultima, ad immergere ed ad accompagnare lo spettatore all’interno del suo passato. I ricordi assemblati (ri)creano la vita filmica di Alekseij che ne diviene regista (in)consapevole. Sequenze che si elevano a reminiscenze giustapposte tra loro in maniera confusa giacché inseguono il flusso mentale proprio dell’uomo.
Tarkovskij non ci mostra mai il suo volto tacendo un’identità che non vuole essere quella specifica di un singolo individuo, piuttosto quella di tutti gli uomini. La sua esistenza e le sue parole si rispecchiano attraverso le figure e i comportamenti dei propri familiari. Le vicende che lo vedono coinvolto con la mamma e la sorellina sono complementari a quelle vissute con la moglie e il figlio, lì dove Alekseij nella sua assenza come marito e padre, si configura quale una sorta di alter ego della propria figura genitoriale maschile. Sono fantasmi quelli che si aggirano nella mente di Alekseij, allucinazioni rispecchianti la propria persona che arrivano a mostrarci moglie e madre impersonate dalla stessa attrice. Una realtà ai limiti dell’irrealtà, un flusso di coscienza interiore mostrante l’angoscia e la malinconia verso il proprio passato, ma che allarga i propri orizzonti fino ad includervi la Storia della Russia. Immagini a colori che si alternano a quelle in bianco e nero, quiete della campagna che si oppone ai fucili e alle immagini della guerra.
Il regista gioca su contrasti, lì dove la calma e la serenità trasudanti dalla campagna nascondono una forza vitale che è l’origine e la fine dei ricordi di Alekseij, nonché dello stesso film. Una vitalità mostrata attraverso il confluire dei quattro elementi naturali: terra, aria, fuoco e acqua spesso convergenti simultaneamente in alcune scene. L’acqua e il suo movimento liquido è una componente predominante nel film, così come nell’intera filmografia di Tarkovskij.
Il continuo gocciolare nella sua limpidezza rimanda alla semplicità e alla giovinezza di Alekseij così come il suo essere trasparente accosta l’acqua allo specchio, entrambe superfici riflettenti disseminate nel film/mente dell’uomo.
(Zerkalo); Regia: Andrej Tarkovskij; sceneggiatura: Aleksandr Misharin, Andrej Tarkovskij e Arsenij Tarkovskij; fotografia: Georgi Rerberg; montaggio: Lyudmila Feiginova; musiche: Eduard Artemev; interpreti: Margarita Terekhova, Oleg Yankovskiy, Filipp Yankovsky, Ignat Daniltsev; origine: Unione Sovietica, 1975; durata: 108’.

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