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Love is all - Piergiorgio Welby, autoritratto ("Racconti dal vero" all’Apollo 11)

Pubblicato il 12 aprile 2016 da Stefano Colagiovanni


Love is all - Piergiorgio Welby, autoritratto ("Racconti dal vero" all'Apollo 11)

La serata di giovedì 7 aprile, svoltasi negli interni dell’associazione Apollo 11, è stata dedicata a un uomo che, destinato a lottare contro la distrofia muscolare, è riuscito a toccare il cuore degli italiani e la coscienza delle istituzioni, riaprendo una volta per tutte l’annoso dibattito sull’eutanasia. Il suo nome era Piergiorgio Welby e, indipendentemente dalle conseguenze scaturite dal suo caso e inflitratasi nel pensiero comune della società odierna, è stato un uomo coraggioso. Più che coraggioso. Ospiti della serata, assieme alla moglie di Welby, Mina Schett Welby (co-presidente dell’associazione Luca Coscioni), sono stati i due registi del documentario, Francesco Andreotti e Livia Giunti, che hanno raccontato gli sforzi (il progetto ha avuto bisogno di quasi dieci anni per essere ultimato) e la gioia per aver conosciuto la signora Welby e la storia di un guerriero infaticabile, uomo gentile e sensibile, attaccato all’amore della propria famiglia nei suoi confronti.

Love is all, documentario realizzato con un piglio sperimentale, in selezione ufficiale al Festival dei Popoli 2015, racconta la storia di Piergiorgio Welby, attraverso i suoi scritti, i suoi dipinti, le sue memorie e le testimonianze dei genitori impresse su videotape intrisi di una malinconia struggente e quasi evanescente: Andreotti e Giunti lasciano narrare alla voce fuori campo di Emanuele Vezzoli, come fosse quella di Welby, l’infanzia di un Piergiorgio terrorizzato dal futuro, infastidito dai comportamenti di scherno nei suoi riguardi e dai limiti di un corpo che aveva cominciato a smettere di obbedire alle sua volontà; il calvario di un uomo forte e testardo a modo suo, che non si è arreso nemmeno di fronte all’inevitabile, se non per costringere le istituzioni ad aprire gli occhi una volta per tutte, lasciando che quegli stessi occhi si soffermassero sul suo corpo inerte, attaccato a macchine per tenerlo in vita (“Se questa potete chiamarla vita”, ripete più volte Welby), con l’obiettivo di sciogliere le ultime riserve in merito al suicidio assistito. E Love is all riesce nel suo intento didattico non nel narrare la storia di un uomo malato, ma nel tentativo di condividere un pensiero comune su un metodo molto più umano di quanto si possa pensare e considerare, anche se questo trova esemplificazione nella morte fisica, di gran lunga preferibile a quella emotiva, sentimentale, un fine ultimo ed estremo che restituisce la dignità a chi non possiede più un corpo senziente, ma una prigione per l’anima di carne e ossa.

Attraverso sequenze inclini al reportage più classico, intervallate da alcune in animazione digitale (quelli che scorrono sono dipinti e disegni realizzati da Welby), Love is all non si carica in maniera eccessiva del peso gravoso che l’argomento trattato potrebbe suscitare, sprigionando attimi di leggero appagamento e sorrisi disinvolti, riuscendo a spezzare una narrazione che, altresì, sarebbe potuta rivelarsi a tratti avvilente. Colpisce, invece, e allo stesso tempo aggrada la scelta dei registi di non mostrare Piergiorgio Welby inerte sul letto d’ospedale nell’ultimo periodo della sua vita, quando la malattia lo aveva già avvinto, se non per brevissimi istanti e in una manciata di inquadrature fugaci, quasi timide.

“Siamo onorati di aver potuto conoscere Mina e la storia di Piergiorgio”, hanno dichiarato Francesco Andreotti e Livia Giunti, “perchè il loro coraggio e la loro forza deve essere d’esempio per chi lotta, giorno dopo giorno, con una condizione di vita che, alla fine, può essere considerata tale solo grazie all’amore delle persone che ti sono accanto.” Così, al termine della proiezione, più che delle pochissime parole pronunciate da Mina Welby, colpiscono i suoi silenzi mozzati, le reiterate e dolci scuse per non riuscire a dialogare con il pubblico come vorrebbe, per colpa dell’emozione. Perchè il silenzio e la commozione contano davvero più di mille parole. Anche questo è amore. E l’amore è tutto.


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