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Mura

Pubblicato il 29 marzo 2017 da Valeria Gaveglia


Mura

Roma, Teatro Argentina. In scena fino al 1 aprile Mura, performance teatrale di Riccardo Caporossi con Vincenzo Preziosa e Nuccio Marino.
Un’opera suggestiva e ricca di spunti di riflessione che ricorda quello che nel 1977 fu Cottimisti, spettacolo messo inscena da Caporossi insieme a Claudio Remondi: la costruzione in scena di un vero e proprio muro, composto da 1000 mattoni. Altri tempi per valutare il senso dello spettacolo, afferma Caporossi e ciò che propone oggi sulla scena non è che un dettaglio di quel muro che al tempo portava dietro di se questioni importanti e scottanti, prima fra tutte il muro di Berlino.

La pièce è allestita presso la Sala Squarzina e lo spettatore è invitato a confrontarsi con una scatola nera con all’interno un piccolo muro, solo 50 mattoni, che piano piano viene disfatto creando, nell’atto della sottrazione, immagini diverse e suggestive, evocazioni perfette di idee semplici ma toccanti. L’attore è fautore di ogni azione e le mani di Caporossi e Preziosa, con precisione ed eleganza, non sbagliano un colpo. I due sono supportati da un utilizzo sapiente delle luci di scena, elemento fondamentale per la buona riuscita della pratica teatrale, per cui le figure dei due attori si trovano in ombra, invisibili allo spettatore, illuso e incantato alla vista delle sole mani.

Mattoni, mani e diversi oggetti tra cui si annoverano: scarpe, cappelli, scale in miniatura, bottiglie, cannocchiali, bastoni ombrelli e altro ancora. Cosa rappresenta il muro? una barriera, un ostacolo, un impedimento fisico e mentale che simbolizza i limiti dell’uomo contemporaneo, spaventato dalle differenze di razza e religione ma anche dal timore che l’altro, sconosciuto o semplicemente diverso, possa invadere il proprio spazio che necessita di delimitazione.
La messinscena è arricchita dall’elemento verbale; la voce di Riccardo Caporossi pronuncia sentenze, le canticchia e apre le menti degli astanti: la solita cosa degli uomini: dividere. Un qui e un là, senza il vano di una porta. Murata è la via e la testa.

Un’esperienza calda e accogliente, 60 minuti in cui lo spettatore può concedersi il lusso di riflettere su cosa rappresentino nel 2017 le barriere, quelle fisiche e quelle psicologiche, capaci di separare uomini protagonisti della stessa storia, della stessa terra, della stessa vita.


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