Non essere: progetto Hamlet’s portraits

NON ESSERE - PROGETTO HAMLET’S PORTRAITS è uno spettacolo della durata di 12 ore che rivisita l’Amleto Shakespeariano. Si può dire che quella di Antonio Latella è stata una sfida nel teatro e con il teatro, che egli ha saputo fronteggiare valorosamente. Al teatro India lo spettacolo è andato in scena suddiviso in diverse parti nei giorni dal 3 al 13 marzo. Il 14 marzo. invece, c’è stata l’intera maratona, cominciata col sole del tramonto e conclusasi con le prime luci dell’alba.
Esperienza suggestiva che chi ha avuto la fortuna di vivere ha sentito come un viaggio all’interno della dimensione teatrale, della quale non ha potuto fare a meno di sentirsi parte. Dieci ritratti di tutti i personaggi passati in rassegna: dai Becchini, che hanno inaugurato l’intero lavoro con una metaforica vendita di teschi delle “teste”più famose della storia - per ricordarci che oggi tutto ha un prezzo e tutto è merce, persino qualcosa di puro e astratto come il sapere - per arrivare ai protagonisti della vicenda. I singoli personaggi sono stati costruiti come gigantografie, non tanto per parlare della storia, che coinvolge un figlio al dubbio più grande, ma per parlare di teatro. Infatti, la vera grandezza di questo progetto risiede nel fatto che il regista ha saputo dirci qualcosa di nuovo su uno dei drammi più celebri della storia, regalandoci dipinti che si sono susseguiti uno dietro l’altro per affrontare un discorso meta-teatrale insieme col pubblico, spesso coinvolto nelle scene. Gli argomenti affrontati hanno avuto come mezzo espressivo proprio i personaggi: le OMBRE attraverso “i becchini” e “le guardie e lo spettro”, IL POTERE mediante le figure di “re Claudio” e “la regina Gertrude”, FRATELLI/FOLLIA grazie ad “Ofelia” e “Laerte”, LE SPIE per mezzo di “Polonio” e“Rosencrantz e Guildestern” , IL TESTAMENTO con “il Duello” e “Amleto”.
Nel corso della storia l’Amleto è stato affrontato in diverse occasioni e tramite codici differenti: pensiamo a Leopardi, Pasolini, Bene. Inoltre, è importante ricordare il lavoro affrontato da Romeo Castellucci che, con la sua sconvolgente rappresentazione, ha caricato il dramma di un concetto nuovo, quello dell’ essere e il non essere, radicato nell’uomo moderno, non più sospeso tra due stati d’animo, ma portatore dentro di sé di un conflitto in cui ogni dualismo convive contemporaneamente. Il lavoro di Latella ha messo in luce aspetti nuovi della tragedia, che forse mai erano stati affrontati. Il solo fatto di smontarla, per analizzare uno ad uno i singoli personaggi, come fossero opere d’arte gravide di un mondo da comunicare, ci ha fatto scoprire che, all’interno di questa vicenda, le “tragedie” sono tante e non una sola.
Nell’epoca dell’individualismo più assoluto questo progetto si incastra benissimo, come ulteriore tassello “fuori-luogo” nel grande mosaico post-moderno. Proprio la sua diversità lo rende adatto ad affiancare “particelle” di differente natura, compiendo quella conosciuta associazione di segni disuguali, tipica della nostra era. Questo genera il famoso “Simulacro”, quello che secondo Baudrillard è “prodotto artistico postmoderno, una riproduzione sfacciata, una patina di cellophane che avvolge, in cui ci sembra di avvertire l’eco di qualcosa,che invece non c’è”. In questo spettacolo, dunque, ci sembra paradossalmente di superare quella “società dello spettacolo” teorizzata da Guy Debord. Infatti, proprio attraverso la scomposizione dello “spettacolo”, quest’ultimo lascia il posto proprio al Simulacro, a qualcosa di sacro ma allo stesso tempo terreno - concetto che sa racchiudere in se i dualismi opposti.
Ogni personaggio racconta un dramma che fa da collante tra passato e presente, e tutte queste micro-storie sono collegate da un filo rosso, incarnato nella figura di Orazio, presente dall’inizio alla fine. Dall’amico di Amleto, personaggio apparentemente poco significativo, il regista ha saputo tirar fuori un concetto metaforico di grande valenza, ossia quello di "supporto", rappresentandolo come una sorta di amico ideale, presente anche quando di Amleto si avverte solo ” l’eco”. Orazio accompagna le gesta dell’anti-eroe per eccellenza, interloquendo con i diversi personaggi, fungendo quasi da lanterna per mettere in evidenza le caratteristiche preponderanti di ognuno.
Diverse le tematiche affrontate e suggestiva la ripetizione di suicidi, compiuta con "l’annegamento” di diverse Barbie,all’interno di vasi di vetro, ognuna di esse portatrice del nome di una suicida famosa, da Virginia Woolf a Marilyn Monroe: tante “Ofelie” che non sono riuscite a trovare sintonia con la propria vita e che hanno dunque scelto la morte come vita suprema.
Interessante anche la nuova lettura di una Gertrude diversa, da cui è stato estrapolato il lato umano, che forse in Shakespeare restava un po’ offuscato. Il regista l’ha infatti rappresentata come una donna in sospeso “tra l’essere e il non essere”, gravida di suo figlio per sempre, anche quando questo, pur staccatosi dal cordone ombelicale, prosegue per la sua strada inevitabilmente legato alla madre. Una Gertrude quasi pentita, o comunque in piena crisi, che rompe lo scudo di sicurezza affidatogli nei secoli e tira fuori tutte le sue ansie e fragilità.
La figura di Laerte è stata invece ricostruita come immagine maggiormente vicina a noi, “spettacolare” e lontana dall’introspezione; balla e canta con vestiti da drague queen, lacerando la tragicità tipica del personaggio e mettendone in evidenza il suo lato più frivolo.
“Siamo tutti in una trappola per topi” e qui il topo per eccellenza non è Claudio come ci si aspetterebbe, ma Polonio. E’ lui forse il personaggio che meno di altri appare in grado di capire cosa gli stia accadendo intorno e, quindi, “cade nella trappola” della sua inconsapevolezza, facendosi emblema di tutta l’umanità, o perlomeno di quella teatrale. Claudio viene invece dipinto con sfumature che non ci sono affatto sconosciute: autorità e demagogia lo rivestono completamente, donando luce nuova alla sua malvagità. Egli ci ricorda infatti un personaggio a noi noto, che fa promesse e si mostra volenteroso nei confronti del suo popolo, ed infine alle spalle di tutti, porta avanti i suoi interessi. La caratteristica più interessante di questo progetto è la costruzione di venature nuove su ogni personaggio, riuscendo a mettere in contatto diretto lo spettatore con la tragedia e con i propri dubbi interiori. Dubbi instillati dalla vita che ci coinvolge e sui quali una tragedia del passato, se affrontata con capacità, riesce a farci riflettere ancora oggi.
(NON ESSERE - PROGETTO Hamlet’s Portraits) Regia: Antonio Latella ; adattamento: Antonio Latella e Federico Bellini; Luci:Giorgio Cervesi Ripa; Scenografia: Antonio Latella; costumi: Rosa Futuro, Tobias Marx; musiche: Franco Visioli; Interpreti: Emilio Vacca (Guildenstern e Secondo Becchino), Massimo Albarello (Bernardo), Fabio Belletti (Francisco), Sebastiano Di Bella (Marcello), Silvia Ajelli (Ofelia), Marco Foschi (Amleto), Nicole Kehrberger (Regina Gertrude), Giuseppe Lanino (Rosencrantz e Primo Becchino), Fabio Pasquini (Lo spettro del padre), Annibale Pavone (Orazio), Enrico Roccaforte (Laerte), Rosario Tedesco (Re Claudio), Michele Andrei (Polonio); Teatro: Teatro India
