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La Melarancia imprigionata al teatro India

Pubblicato il 4 giugno 2012 da Laura Khasiev


 La Melarancia imprigionata al teatro India

I miracoli esistono, anche in un periodo di crisi come questo, o forse è soprattutto per il difficile momento che di tanto in tanto fioriscono avvenimenti stupefacenti come lo spettacolo di Roberto Gandini al teatro India, La melarancia imprigionata, la cui vicenda ripresa dall’Augellin belverde di Gozzi, è stata interpretata da giovani che hanno saputo dare vita ad una rappresentazione rara e unica. Dopo il successo de L’amore delle tre melarance si è deciso di proseguire con il laboratorio che ha coinvolto adolescenti in un progetto attoriale, in cui i ragazzi hanno potuto sperimentare le loro abilità artistiche, un’occasione per un altro gruppo di giovani che hanno potuto così mettersi alla prova in un campo che oggi sembra divenire sempre più difficile. Affianco al regista le due collaboratrici: Luigia Bertoletti e Maria Irene Sarti, hanno provveduto a coagulare il lavoro artistico con quello pedagogico, riuscendo a dar vita ad un’opera d’arte sostenuta da un soldio lavoro di coordinazione fra i ragazzi, i quali hanno mostrato l’affiatamento tipico di una compagnia che lavora insieme da tempo. Il laboratorio ha permesso agli adolescenti di collettivizzare il loro impegno e di fondere assieme le loro attitudini, intersecandole a quell’emotività pura, tipica di un’età non ancora matura, che pure è sfociata in una professionalità adulta. In questo spettacolo è stato possibile unire le diversità in un unico comun denominatore, quello del teatro e della spettacolarità. Qual è l’obiettivo di Gandini? Semplicemente fare teatro, l’esperimento sembra più che riuscito, lo spettatore è stato completamente travolto all’interno della dimensione fiabesca ricreata dai ragazzi e dal loro regista. Nel guardare esterefatti la professionalità di attori in erba, ci si è dimenticati delle differenze, visto che alcuni di loro sono affetti dalla sindrome di down, si è invece rimasti sorpresi di fronte a quelle artistiche, ognuna con la sua particolarità. Le differenze sono state i tasselli alla base di questo lavoro, non di certo gli elementi fondamentali, ma sfumature che hanno contribuito alla sua grandiosità, soprattutto perche hanno permesso di far riflettere sul fatto che il teatro è il luogo per eccellnza dove avvengono le “magie”, come lo smattentallemtno di diversità genetiche, a favore di quelle individuali, connotative di qalità artistiche lodevoli e cariche di una propria unicità. Una favola semplice, dall’intreccio corredato di ostacoli, confluiti nel classico lieto fine, che eleva gli animi dopo averli sottoposti al processo di catarsi. Liberazione è ciò che si prova, non solo perché si è davanti a due storie d’amore dapprima ostacolate e infine rese possibili grazie alla magia della vita, ma anche perché non si è potuto fare a meno di godere del fatto che si era davanti ad un rito, quello laico, che sembra esser rimasto l’unico oggi a riunire i facenti parte di una società in completo sfacelo... Il teatro è ancora capace di avvolgere i cittadini in tale magia, di accarezzarli con la sua mano calda e sincera, di cullarli in momenti di piacevole incanto, purché la qualità sia quella creata qui, sfumata con i colori della vera arte e di capacità inedite nell’elaborare una piéce così lontana nel tempo, ma che grazie ad un’accurata e ha geniale elaborazione, ha saputo comunicare molto anche al nostro presente. Come in ogni fiaba l’ostacolo si personifica e stavoltà la regina Tartagliona, ha impedito a suo figlio di godere del suo matrimonio per la sua ingiustificata gelosia, mista a frustrazione, generatrici di malignità e spregiudicatezza. A sciogliere l’incantesimo, che ha tenuto incatenati ben quattro dei personaggi, l’Augellin Belverde, che con la sua purezza d’animo ha slegato dalle catene chi era imprigionato nell’odio e nell’impossibilità di amarsi, conducendo ad un finale in cui ogni problematica è stata sciollta. Sorprendente l’interpretazione degli attori, che ha intensificato la suggestione di tale operazione, le voci incantevoli dei due protagonisti e degli altri ragazzi si sono intersecate alla maestosa presenza scenica e alle interpretazioni slegate dal dovere della verosimiglianza. Inoltre in evidenza la Regina madre, dotata di una presenza scenica maestosa e imponente, con cui ha saputo stringere a sé gli sguardi attenti degli spettatori, legando la loro suspacnce ad ogni sua movenza. Ogni elemento è stato la pietra preziosa che si è ben incastonata sulla struttura di un’idea fuori dall’ordinario e per questo meravigliosa, che ci appare come quel fiore, capace di nascere solo dal letame... quell’amore di cui parlava De André in una delle sue più note canzoni.


(La melarancia imprigionata); Regia: Roberto Gandini; drammaturgia, e/o adattamento:Gozzi/ Attilio Marangon; musica: Simone Maggio; coordinamento pedagogico: Luigia Bertoletti,coordinamento specifico: Maria Irene Sarti, scenografie: Paolo Ferrari; costumi: Loredana Spadoni; interpreti: (Davide Bannino), (Diana Bulf), (Flavia Ciniglio), (Viola Di Carlo), (Massimo “Romano” Esposito), (Andrea Gandini), (Matteo Leporelli), (Fabrizio Lisi), (Claudia Lucantoni), (Chiara Mercuri), (Flaminia Merenda), (Gabriele Ortenzi), (Gelsomina Pascucci), (Andrea Perigli), (Fabio Piperno), (Livia Rizzuti), (Ettore Savarese), (Giulia Tetta), (Sara Tosato), (Livia Travia), (Danilo Turnaturi), (Cristiano Zingaretti), (Lucia Zorzoli); teatro e date spettacolo: 7/11 maggio 2012 Teatro India, Info: saggio finale del laboratorio Teatrale Integrato Piero Gabrielli


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