Omaggio a R.W. Fassbinder per un modello di cinema realmente europeo

L’Europa, continente culla di autori che hanno caratterizzato e suggestionato il modo di vedere a livello mondiale, sembra avere una prospettiva visiva debole rispetto ad altri continenti. Sembra avere quasi timore nel rappresentare la propria anima, proprio perché sembra aver perduto o essere stata privata di quell’impegno politico e partecipativo che negli anni passati era stato il suo punto di riferimento. L’influenza del cinema americano negli ultimi anni, dal punto di vista visivo, non può essere considerata una delle cause o la sola causa di questa "caduta", come neanche la continua diffusione delle serie televisive che in questo momento storico propongono dei modelli narrativi e rappresentativi nuovi e originali. Se si fa qualche passo indietro negli anni si può trovare uno spiraglio creativo, che proprio in questo momento di crisi, di passaggio, può essere utile per trovare e ri-trovare una immagine nuova o fedele al cambiamento del continente europeo. Può essere inteso come una sorta di rinascita dell’immaginario, tenendo fede a dei principi storici e formali propri dell’identità multiculturale del continente europeo.
Il cinema di Fassbinder è stato più volte interpretato come una cinema fondato sull’amore, sul conflitto e la violenza, che questo sentimento può produrre. Un cinema dei sentimenti, del corpo, della fisicità che lavora attraverso una dialettica tra personaggi e spettatori. Un cinema che cerca di superare la crisi della postmodernità attraverso la costruzione di modelli drammaturgici forti. Un cinema come arte popolare (con una fascinazione verso l’arte proletaria grazie all’influenza del cinema militante di Phil Jutzi) e non come cinema d’autore. Un cinema che non rifiuta lo schema teatrale (testo e immagine), specchio della realtà, malgrado una ricerca di spettacolarizzazione della scena come nel cinema americano e hollywoodiano (ispirazione presa dal cinema di Douglas Sirk). Un cinema che ricerca profondamente l’identità storica del proprio paese (la Germania), attraverso gli avvenimenti storici che hanno però caratterizzato tutto l’occidente e in particolare il continente europeo.
Nella sua vastissima filmografia, si può prendere come riferimento a quello che sto dicendo le opere del periodo dell’Antiteather come Katzelmacher e Perché il signor R. è colpito dalla follia omicida? (entrambi del 1969), oppure i melodrammi come Le lacrime amare di Petra von Kant e La paura mangia l’anima (entrambi del 1972), Martha (1973) e Effi Briest (1974), nel quale si impostano le ipotesi per un melodramma che ridiscute il punto di vista borghese per superare il conflitto tra classi e entrare nella dinamica dei sentimenti e della diversità (l’elemento che se pensiamo oggi caratterizza lo scontro tra il conservatorismo e il progresso europeo). Diversità che Fassbinder affronta in modo completo nel film Il diritto del più forte (1974) nel quale vengono impostate le coordinate del suo cinema: corpo, soldi, cultura e una riflessione sul capitalismo. Elementi anche questi che incarnano attualmente le debolezze e le fratture del vecchio continente. A questo, sembra opportuno evidenziare la cosidetta "trilogia della morte della politica" (composta dai film La terza generazione del 1979, Germania in autunno e Un anno e tredici lune del 1978) che risulta essere uno spaccato e una riflessione sull’identità europea ancora oggi attuale (mediazione alla vita offerta dei mezzi di comunicazione di massa, diritto di discutere e criticare la Grandi Istituzioni Quotidiane, leggitimità del suicidio).
Ne Il Matrimonio di Maria Braun (1978) viene definito il sogno di una rinascita europeista, sottolineando il rapporto stretto tra donna e storia affrontato anche in pellicole come Lili Marlen (1980), Lola (1981), Veronika Voss e Querelle (entrambi del 1982). Proprio in Fassbinder troviamo inoltre poi elementi che oggi rappresentano la quotidianità e la caratteristica del sistema odierno: le serie televisive, la capacità di rendere una serie non una prodotto solo di consumo ma anche artistico e orientato al mezzo (vedi Berlin Alexanderplatz, 1980). Come si può notare con Fassbinder, l’immaginario cinematografico europeo potrebbe riscoprire degli elementi che non siano soltanto scientifici e tecnici, ma che sono legati ai sentimenti e a una possibile economia del desiderio, che è fortemente atto politico. Il desiderio come costruttore di macchine storiche che non necessariamente provengono da strutture di ideologiche o da sistemi di rilettura della realtà, ma stabiliscono l’uomo (l’essere umano) e i suoi sentimenti e tensioni al centro della discussione e della riflessione. Desiderio dunque non come logica di mercato, ma come punto di vista dello spettatore, prospettiva e visione.
Riscoprire Fassbinder significa innanzitutto proprio questo: stabilire una tensione dei sentimenti, che per la sua casualità intriseca, non è molto diversa da una scienza diffusa degli algoritmi. Una prospettiva come quella odierna, che però non deve paura di affrontare le inquietudini proprie, ma deve liberare, attraverso i film, la mente di un continente perduto.
Bibliografia
S. Almerini, Fassbinder e l’estetica masochista, Edizioni Il Foglio, 2013
D. Bordwell, K. Thompson, Storia del cinema e dei film-dalle origini a oggi, Editrice Il Castoro, 2007
R. W. Fassbinder, I film liberano la testa, Ubulibri, 2005
D. Ferrario,Rainer Werner Fassbinder, Il Castoro Cinema n. 102, Editrice Il Castoro, 2008
E. Magrelli, G. Spagnoletti (a cura di), Tutti i film di Fassbinder, Ubulibri, 1989
P. Vernaglione, Rainer Werner Fassbinder, Gremese Editore, 1999
