Paolo Poli non muore mai

Che fosse stato un genio incompreso saltava all’occhio immediatamente.
A prima vista e dopo aver proferito poche parole, Paolo Poli comunicava il suo essere altro nell’accezione più profondamente umana e artistica del termine.
Nato a Firenze nel ’29 inizia giovanissimo la sua carriera attoriale, dando subito vita ad uno stile recitativo "ironico" e al contempo "impegnato", mai abbandonato durate tutti gli spettacoli che lo hanno reso celebre: I viaggi di Gulliver, La leggenda di San Gregorio, La Nemica di Dario Niccodemi, L’asino d’oro, Caterina de’ Medici e l’allora scandaloso Santa Rita da Cascia che nel 67 venne sospeso in un teatro milanese a causa della censura.
È il 1949 quando Poli partecipa ad alcune trasmissioni della Rai di Firenze. Fa prosa, macchiette, racconta fiabe.
Presta la voce ai cavalieri, alle streghe e alle principesse che popolano il mondo di Stac, ovvero Carlo Staccioli burattinaio in Firenze, attività alla quale affianca le serate con la Compagnia dell’Alberello.
Dopo un periodo romano in cui recita nelle Due orfanelle sostituendo Terence Hill e grazie a delle foto scattategli dall’amico Franco Zeffirelli, c’è il periodo genovese, è il ’58 quando comincia a farsi apprezzare a La borsa di Arlecchino , un piccolo teatro d’avanguardia. Poli può finalmente dare vita ad un teatro surreale, basato sulla sua capacità di essere istrione con grande fascino e con un’ironia irresistibile. I suoi spettacoli sono straordinariamente intelligenti, la comicità che li contraddistingue si rifà alla migliore tradizione della commedia brillante, gioca con le parole, con la lingua.
Poli ha vissuto il cinema e il teatro italiano tra Firenze e Roma, dal periodo mussoliniano fino a quello contemporaneo, potendo raccontare la storia del nostro paese attraverso aneddoti di colleghi, registi, artisti in genere; si divertiva a descrivere la miseria della guerra, le cene degli attori poveri in canna, delle battute omofobe di Blasetti e le pazzie di Laura Betti.
In televisione dopo aver recitato in molte serie fra gli anni Sessanta e gli anni Settanta, tornerà nel 2015, su RaiTre, con E lasciatemi divertire, insieme a Pino Strabioli. Per la Rai, nel 1976, è anche fra i protagonisti dello sceneggiato I tre moschettieri, con lui la sorella Lucia, Milena Vukotic e Marco Messeri, le scenografie erano di Lele Luzzati. Affianca Sandra Mondaini a Canzonissima, nel ’74 si esibisce en travesti con Raffaella Carrà a Mina nel varietà Milleluci.
Nonostante i numerosi successi televisivi e la notorietà, la sua vita è come per tutti i grandissimi attori un’abnegazione per il teatro e tutte le difficoltà che ne possono derivare, fino all’eta di 86 anni. Solo da pochi mesi aveva deciso di smettere di lavorare, incapacitato dalla malattia che lo affiggeva da un anno e terrorizzato dall’idea di finire in ospedale, aveva dichiarato in un’intervista che se fosse accaduto, avrebbe fatto la stessa fine di Monicelli uno dei suoi tanti amici celebri fino alla vecchiaia.
Non si è mai scomposto Paolo Poli, nonostante il mondo teatrale lo avesse deluso anche dal punto di vista dell’etica professionale: non aveva percepito gran parte del suo compenso in molti teatri del Sud durante il suo ultimo periodo lavorativo, in cui aveva messo in scena uno splendido Aquiloni.
Sorridente, arguto, elegante, saggio, divertente e pungente al punto giusto, vogliamo ricordarlo per sempre così, perché Paolo Poli non muore mai.
