PRENDIMI L’ANIMA

Prima di procedere a qualsiasi commento è bene specificare che, oltre alla sceneggiatura del film Prendimi l’anima di Roberto Faenza, il libro contiene:
A) una prefazione in cui Roberto Faenza spiega le personali motivazioni alla realizzazione di un film sulla vita di Sabina Spielrein.
B)un intervento di Elisabeth Roudinesco sulle donne psicoanaliste della prima ora.
C)una breve storia della travagliata storia della psicoanalisi in Russia di Viktor Ovcharenko.
D)un’approfondita dissertazione dello psicoterapeuta Mario Trevi sul significato e l’evoluzione dei concetti di transfert e contro-tranfert.
E) un’esposizione degli scritti di Sabina Spielrein sulla centralità della pulsione distruttiva nelle dinamiche psichiche (contributo che spingerà sia Freud che Jung a rivedere le rispettive teorie sulla libido).
F)la cartella clinica della Spielrein, redatta da Jung nel periodo del suo ricovero (1904-1905).
G)l’intervista a Vladimir Schmidt, ultimo sopravvissuto dei bambini che frequentarono l’Asilo Bianco, ovvero il primo esperimento di applicazione delle idee della psicoanalisi all’educazione dei bambini. Sabina vi operò per anni finché il regime stalinista non lo fece chiudere intorno al 1936.
Alla luce di questo elenco appare chiaro come la pubblicazione della sceneggiatura (termine improprio poiché si tratta della trascrizione a posteriori delle battute e delle situazioni del film), sia un pretesto per un approfondimento delle molte questioni sollevate dal film e dalla vita di quella donna dal destino eccezionale che fu Sabina Spielrein. Faenza ne ha illustrato la storia per sommi capi evitando deliberatamente di inoltrarsi in problematiche storico-psicoanalitiche da addetti ai lavori come il delicato ruolo ricoperto da Sabina nei tesi rapporti fra Freud e Jung. Per farlo non ha esitato a cancellare completamente dalla sceneggiatura gli anni intercorsi fra la relazione con Jung e il ritorno in Russia, anni in cui la donna ha esercitato la professione di psicoanalista e ha avuto rapporti diretti con i rappresentanti di spicco della Società Psicoanalitica Viennese, primo fra tutti Freud, di cui divenne discepola e con cui continuò ad intrattenere rapporti epistolari per molto tempo. La scelta è motivata da Faenza con l’argomento che mentre fior fior di studiosi avevano passato al setaccio l’inconscio di Sabina nonché i suoi rapporti con i padri della psicoanalisi, nessuno si era interessato della sua vicenda umana, nessuno sapeva che ne era stato di lei dopo il rientro a Mosca, né tanto meno veniva considerato degno di nota il fatto che l’intera sua famiglia aveva conosciuto, fino a rimanerne vittima, gli orrori antisemiti dello stalinismo prima, e del nazismo poi. Di qui la decisione di non trattare affatto il rapporto con Freud e i suoi ripetuti e coraggiosi sforzi di conciliare le posizioni dei due giganti della psicoanalisi anche dopo la loro traumatica rottura. Si tratta di un aspetto fondamentale per comprendere la vocazione missionaria e la disposizione al sacrificio che hanno contrassegnato tutta la vita di Sabina Spielrein. Il film , si può dire, è solo un assaggio, sceglie alcuni episodi della vita della donna e ce li racconta da un punto di vista esterno, dei fatti più o meno storicamente accertati (ed è interessante ricordare che la relazione carnale con Jung non è fra questi). Il volume ci permette di allargare l’orizzonte, nel senso di gettare una luce su quello che è stato il percorso interiore di Sabina, fatalmente tralasciato dal film ma centrale nella storia di una donna che, al pari di Jung, attribuiva alla vita fantastica e spirituale un’importanza molto maggiore di quella concreta, oggettiva, per usare un termine improprio. In particolare, risultano molto interessanti il contributo di Mario Trevi sull’evoluzione del concetto di transfert (punto nodale nella storia della psicanalisi e delle psicoterapie in generale), la fredda testimonianza costituita dalla cartella clinica di Jung, evidentemente attentissimo a separare la vita privata da quella professionale, e il saggio di Strefano Mistura “Sabina Spielrein in cammino verso Eleusi” che mette in luce il contributo scientifico della giovane psicoanalista (accolto con sufficienza sia da Freud che da Jung) che si rivela invece un lavoro denso di intuizioni e frutto di una sorprendente rielaborazione in senso psicoanalitico del pensiero di Hegel. Per concludere, un cenno all’utile bibliografia dei testi principali scritti sulle vicende della Spielrein a partire dal ritrovamento, compiuto da Aldo Carotenuto negli anni ’70, del suo diario e del carteggio con Freud e Jung. Documenti che hanno permesso di far luce su una figura che ha pagato con la cancellazione da tutte le storie ufficiali la “colpa” di essere stata, suo malgrado, la prima pietra dello scandalo in un’epoca in cui nessuno aveva messo in debito conto l’”incidente” dell’innamoramento fra paziente e psicoanalista.
[febbraio 2003]
AAVV PRENDIMI L’ANIMA Edizioni Arcanafiction, Roma 2003 pp.172, 13,00 euro
