Psicosi delle 4 e 48
Roma, Teatro Abarico. In scena lo scorso 25 marzo lo spettacolo Psicosi delle 4 e 48 di Sarah Kane, per la regia di Ivano Capocciama e interpretato da Rossella Rhao.
Opera postuma della drammaturga capofila della così detta «new angry generation» britannica, il cui titolo allude all’ora notturna che secondo le statistiche è il momento di maggiore attrazione verso il suicidio. La Kane affrontò in quest’opera il concetto di distacco dell’uomo dal mondo, una fuga disperata e irrefrenabile verso il nulla ovvero l’assenza di vita, stato dell’essere che condusse la drammaturga al suicidio a soli ventotto anni, evento di cui Psicosi delle 4 e 48 rappresenta il doloroso presagio.
Una vicenda frammentata, una drammaturgia “fatta a pezzi” che alla sola lettura già appare ostile alla rappresentazione scenica e che spesse volte è apparsa sui palcoscenici in versioni assai poco brillanti, piatte, incapaci di restituire la forza e il fascino che l’opera custodisce. La messinscena alla quale abbiamo assistito è invece un piccolo capolavoro di regia e di interpretazione.
Le parole scritte e lasciateci come un dono dalla Kane (ricordiamo che nel testo originale non sono presenti indicazioni drammaturgiche) hanno preso degna forma e articolazione, così da incantare lo spettatore costringendolo a seguirne il filo invisibile senza mai distogliere occhi e orecchie dalla scena.
Capocciama sceglie come protagonista una bambola meccanica, proveniente da uno spazio e da un tempo lontani e misteriosi, la quale per incanto prende vita nel pronunciare il lungo e faticoso monologo di Psicosi delle 4 e 48. La parola è l’elemento che anima la bambola (come si trattasse di un giocattolo con carica a molla) la quale necessita di scandire sillaba dopo sillaba la sua assurda vicenda: «non spegnete la mia mente cercando di metterla a posto», implora l’automa, regalando alla platea uno splendido momento di riflessione che racchiude una delle chiavi di lettura dello spettacolo; la società contemporanea è obbligata a rispettare degli stereotipi comportamentali che omologano il nostro modo di essere e soprattutto di apparire. La follia e in questo caso la psicosi, non sarebbero da intendersi in qualità di disturbi della mente, bensì in quanto caratteristiche dell’io, stravaganze o meglio particolarità che andrebbero comprese, accettate e addirittura coltivate anziché curate con lo scopo di neutralizzarne l’esistenza.
Rossella Rhao impersona il suo personaggio con grande rispetto e in ogni suo gesto, nelle singole parole, si percepisce amore per l’arte attorale e consapevolezza del mestiere. Una bella prova d’attore la sua, che per l’intera durata dello spettacolo mantiene alta la qualità della recitazione e ben saldo il timbro vocale. Nonostante le innumerevoli trasformazioni che il personaggio subisce, l’interprete è in grado di non confondere lo spettatore accompagnandolo con sé nel cammino che conduce all’epilogo della rappresentazione teatrale.
Sapiente è la scelta delle musiche e in particolare dell’Opera lirica, escamotage che aiuta a porre gli accenti e delineare momenti salienti e intermezzi dello spettacolo; decisione azzeccata e originale, valore aggiunto allo spettacolo.
Psicosi delle 4 e 48 di Ivano Capocciama rappresenta un esempio di teatro sano e godibile, come se ne vede raramente.
Unica pecca della serata un fotografo che per l’intera durata dello spettacolo non ha risparmiato un solo scatto, distraendo e irritando la platea che avrebbe volentieri rinunciato ai click della sua reflex.
(Psicosi delle 4 e 48); Regia: Ivano Capocciama; interprete: Rossella Rhao; teatro e date spettacolo: Teatro Abarico 25 marzo 2017