Punti di vista, il percorso sensoriale di Enrique Vargas

Un solo spettatore, accompagnato in un luogo dove non si vede con gli occhi, ma si osserva con l’anima... Questo è il “viaggio” sensoriale creato dal regista colombiano Enrique Vargas con la collaborazione di alcuni studenti non vedenti dell’ Università La Sapienza; un cammino, attraverso la vita, che lascia senza parole gli spettatori. Il regista/drammaturgo ha voluto approfondire la conoscenza del “mondo” dei non vedenti, consentendo ad un pubblico variegato di assoporare un inedito “viaggio” alla scoperta di sensazioni mai vissute, o forse soltanto dimenticate... Aprendo l’itinerario sensoriale con l’avvertimento che “il modo migliore per incontrarsi è perdersi”, il regista ci invita a conoscere ciò che forse mai ci sarebbe venuto in mente di approfondire. Con l’ausilio di Ferruccio Mariotti, docente del Dipartimento di Arti e Scienze dello Spettacolo e direttore del Centro Teatro Ateneo, gli studenti si sono cimentati in questa iniziativa permettendo agli spettatori (uno per volta) di conoscere un modo di vivere differente, per 30 minuti. Il laboratorio è sfociato in una suggestiva rappresentazione, dal nome PUNTI DI VISTA, grazie alla quale si può vivere mezz’ora all’interno di un percorso che non è solo una strada da percorerre, ma consiste nel conoscere la modalità di vita affrontata dai non vedenti. Un cammino che ha come comun denominatore i sensi, con mani che divengono guida del corpo, una nenia che riporta al tempo dei primi giorni di vita; ogni immagine è velata, fin quando non si viene addirittura bendati, così ogni suono, voce, sensazione e odore entra dentro, pervade i sensi e si appropria della mente. Viene così d’obbligo citare il premio Nobel portoghese Josè Saramago, il quale nel suo romanzo scrive: “Secondo me non siamo diventati ciechi, secondo me lo siamo, Ciechi che vedono, Ciechi che, pur vedendo, non vedono ”, facendo capire che non è la vista a decretare la capacità di vedere; basti vedere cosa succede oggi nella nostra società, dove vi è una tale cecità da far perdere quelli che sono i valori più importanti da portare avanti e sostenere. All’interno di questo cammino ogni situazione si vive in modo più intenso di come siamo abituati, tutto è rallentato e questo permette di assaporare ogni secondo come se fosse un lungo momento, intenso e pieno di tutte quelle sensazioni che difficilmente riusciamo a provare. Abituati alla vita frenetica, non ci capita quasi mai di soffermarci a sentire un profumo, il rumore del mare. I film siamo abituati a vederli, ma non ci viene in mente di vivere le scene da protagonisti, in compagnia di chi ci è caro, nè di scrivere i nostri pensieri quando ne abbiamo di importanti che andrebbero fissati. Un’esperienza del genere oltre ad emozionare sino alle vene fa riflettere su quanto la vita possa esser diversa da come siamo abituati a concepirla, su come ci si possa innamorare ogni momento di un odore, di un sapere, di un gesto, capaci di mandar via quella tristezza che ogni tanto ci attanaglia, per chissà quale motivo. In questa rappresentazione, fatta di episodi differenti, cullati da luoghi in cui è la sensorialità a plasmare lo spazio, c’è un legame forte, un filo drammaturgico, che permette allo spettatore di vivere una storia di vita, parallela alla sua, una storia che si porterà nel cuore, anche quando, uscito dall’ultima porta, non sarà più privo della vista ma avrà una percezione di tutto ciò che lo circonda differente rispetto a quando è entrato, sarà in grado di vedere non solo con gli occhi ma di osservare e soffermarsi per accogliere ogni immagine nel cuore. Questo è teatro, arte, scrittura, rappresentazione che si fa strumento di comunicazione funzionale all’interno di una società che ormai ha perso tutti i suoi punti di riferimento, che si ritrova schiacciata dal rifiuto della vera cultura e che in alcuni fortunati e sporadici momenti, come questo, riesce a sfogare la sua “cotidiana sete di spettacoli”, che Pirandello già aveva intuito esser presente nel popolo ai suoi tempi, forse senza sapere che oggi questa “sete” non avrebbe fatto altro che accentuarsi. In un tale momento di crisi siamo di fronte alla testimonianza che non tutto il male vien per nuocere; se da una parte vi è il degrado sociale, che nega il dovuto supporto al teatro e all’arte in genere, dall’altra ci sono dei geni, che all’interno di questa crisi riescono a far fiorire dei germogli meravigliosi che, come fiori di loto, hanno bisogno di molto fango per poter crescere e sopravvivere, perchè l’acqua pura li farebbe morire. Anche se è durato pochi giorni questo percorso ha lasciato il suo segno indelebile nella città eterna; auguriamo a lavori di questo genere di fiorire sempre di più e di continuare il loro “viaggio” a lungo, affinché la loro eco risuoni, smantellando il malessere generale dovuto al disfacimento di questa epoca.
(Punti di vista); Regia: Enrique Vargas; drammaturgia: Enrique Vargas; interpreti: (Rosanna d’Amato), (Giovanni Ippolitoni), (Hender Vinicio Orticosa), (Antonio Selvaggi), (Emanuela Musi), (Valerio Sannetti), (Fabiana Marrocco. ); teatro e date spettacolo: Laboratorio teatrale universitario Eduardo De Filippo; dal al 31 ottobre 2010;
