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Retrospettiva su Renato Polselli al cinema Trevi

Pubblicato il 4 maggio 2007 da Andrea Esposito


Retrospettiva su Renato Polselli al cinema Trevi

A meno di un anno di distanza dalla scomparsa, il Cinema Trevi dedica una retrospettiva a una delle creature più bizzarre e complesse del cinema italiano di genere: Renato Polselli. La giornata dedicata al cineasta diventa inoltre occasione per presentare il dvd dell’Amante del vampiro realizzato dalla No Shame Films, che continua così la sua riscoperta di un patrimonio nascosto del nostro cinema.
Regista e sceneggiatore fin dall’inizio degli anni cinquanta, Renato Polselli viene considerato un autore di culto specialmente in relazione alla sua produzione degli anni ’70, la più estrema, con pellicole quali La verità secondo Satana (1970) – il titolo originale era Il vangelo secondo Satana, ma fu cambiato per evitare problemi con la censura –, Rivelazioni di uno psichiatra sul mondo perverso del sesso (1971) e Riti, magie nere e segrete orge del ’300 (1971). Polselli ha visitato (e scardinato) molteplici generi, dal melodramma alla commedia, dal cinema erotico fino al gotico all’italiana (L’amante del vampiro, Il fantasma dell’opera).

Ciò che colpisce tuttora di Polselli è la sua capacità di travalicare completamente i codici che usa come riferimento: il suo cinema è segnato da un eccesso, una forma di straripamento continuo che è la cifra di un’intelligenza esuberante e graffiante. L’irriverenza di Polselli sta proprio nella sua assenza di misura. Un cineasta che ha costruito la sua carriera sulle continue sfide che si poneva e che tentava di vincere, al di là della scarsità di mezzi e fondi. Così, a meno di non volerlo gettare nel limitante calderone del trash, il cinema di Polselli è difficilmente catalogabile, non si lascia decifrare immediatamente dalla superficie. Polselli è in realtà un creatore di deliri su schermo, un regista ossessionato dall’idea di mostrare oltre i limiti ciò che non si dovrebbe mostrare.
Per questo si è parlato di cinema ‘psicotronico’: la storia per Polselli diventa un pretesto per poter dilagare sulla pellicola con effetti e immagini visionarie, per poter raccontare una smania inarrestabile di libertà d’espressione che si manifesta con un erotismo ossessionante, a volte scherzoso e crapulone, a volte insidioso, morboso. Il cinema di Polselli così è non solo quello che si vede sullo schermo, ma tutto quello che si intuisce dietro l’immagine stessa. Esemplare in questo senso il suo film culto, Mania: la stessa povertà di mezzi, oltre ad un assoluto disamore per la verosimiglianza, mette in luce le qualità debordanti di Polselli, e gli permette di creare una pellicola gradassa e chiassosa, un folgorante frullatore di generi e linguaggi.
E anche quando, in apparenza, osserva strettamente le regole del genere, Polselli riesce a immettere nel circuito del film una serie di temi inediti e personali (autoriali): così intesse L’amante del vampiro di una morbosità particolare, trasfigurandone la semplice materia vampiresca. Lo fa calcando la mano sul rapporto sadomasochistico della coppia dei vampiri protagonisti, e confondendone continuamente i ruoli di padrone e di servo, di preda e predatore. Il risultato è un melodramma disturbante e stratificato, percorso in uguali misure da mostruosità ed erotismo.

Ci troviamo di fronte a un cinema che va scavato: si scava per riscoprirlo, si scava per vederlo al di là della sua messa in scena più superficiale, per mettere in luce anche quello che sarebbe potuto essere, quello che potrebbe essere ancora. Un cinema, ripetiamo, che va visto anche al di là delle immagini che lo compongono.
E ciò che si vede davvero dietro alle immagini del cinema di Polselli è un bruciante amore per il cinema, è il desiderio di guardare e il bisogno di raccontare, a qualunque costo, ciò che si è visto, ciò che forse si è soli a poter vedere.


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