ROMAEUROPA04: UNDESIRABLE ELEMENTS - UE 92/02

Roma, Teatro Palladium, venerdì 15 ottobre. Un’altra scoperta che ci fa fare il Romaeuropa viene da New York, o forse dovrei dire dalla Cina. L’artista è Ping Chong, un simpatico cino-americano di mezza età, che in conferenza stampa si era distinto per la sua prodigalità ed estroversione. A Roma porta per la prima volta il suo spettacolo Undesirable Elements - UE 92/02, titolo bizzarro, che trova una sua spiegazione nella natura itinerante dello spettacolo, di cui si celebra il decimo anniversario nell’edizione europea. Nato nel ’92 quasi per caso, Undesirable Elements è stato concettualizzato in Europa, ad Amsterdam per la precisione, durante un seminario estivo di scenografia che Chong tenne a studenti di tutto il mondo, si è poi trasformato in una installazione per l’Artist Space di New York, la Struttura per incanalare gli elementi indesiderati, ed è infine divenuta una “residenza” commissionata dal direttore della Galleria. Da allora la performance ha preso vita in un numero incredibile di edizioni e varianti, prima in giro per l’America, poi a Tokyo, Berlino e Amsterdam, un vero e proprio workshop che si ricreava attorno ad altre persone nelle diverse città che si toccava. Quello che ne viene fuori, ogni volta, è un discorso teatrale che si avvita sulle esistenze di un gruppo di persone, diverse per origini e linguaggi, come possono esserlo tutti i cittadini del mondo, che intrecciano brandelli delle loro storie in un balletto meccanico e leggero, fatto di rimbalzi, rilanci, addensamenti e diradazioni. Ping Chong si compiace di presentare i personaggi dello spettacolo, rigorosamente non attori: “Angel è metà afroamericana e metà ebrea, Tek è nato in Etiopia ed è rifugiato politico negli Stati Uniti. Leyla è nata in North Carolina dall’incontro tra un iraniano e un’americana. Tania è venezuelana, cresciuta in Libano al tempo della guerra civile, figlia di un druso e di una cristiana. Io sono americano di prima generazione, figlio di cinesi...” Ognuno di loro è seduto a semicerchio sul palco, davanti ad un leggio. A terra c’è del sale, blocchi di sale, che si raggranellano e rifrangono la luce. Le memorie personali dei protagonisti, per quanto diverse, hanno tutte in comune la guerra e la coscienza di essere outsider. Memorie che si identificano in un conflitto, quello libanese, la seconda guerra mondiale, l’Iran degli scià, la segregazione razziale nella prima democrazia del mondo. Memorie che si riconoscono in una vita vissuta all’interno di culture diverse da quelle di origine, che parlano di sradicamenti, del senso di appartenenza ad una minoranza indesiderata. E gli Undesirable Elements sono argomenti che non rientrano nella visione della società data dai media, o quanto meno ad essi viene applicata un’interpretazione univoca di emigranti o integrati che continuano oggi, in un periodo che ha visto risorgere il fondamentalismo americano, a rimanere undesirable. Le domande di cui si fa carico Ping Chong sono: come viene rappresentato il modo in cui percepiamo gli altri? Che cosa vuol dire oggi essere americani? Quando si vive in un altro paese, qual è la tua identità? Teatro politico, lo avremmo chiamato qualche tempo fa, o attivismo sociale, che porta inevitabilmente noi europei a leggere lo spettacolo come un microcosmo dell’America, con le sue contraddizioni e i suoi elefanti nascosti nell’armadio, ma chiama in causa i cittadini del presente per una riflessione più profonda sul senso dell’interculturalità.
[ottobre 2004]
regia: Ping Chong; testo: Ping Chong e Talvin Wilks; interpreti: Ping Chong, Angel Gardner, Leyla Modirzadeh, Tania Salmen, Tek Tomlinson; spettacolo in inglese con sottotitoli in italiano; durata: 90 minuti.
