ROMAEUROPA04:VITA MIA

Roma, domenica 31 ottobre, Villa Medici-Accademia di Francia. Una danza ai piedi della pietra e del marmo, di tre ragazzi, vestiti in pigiama, lo sguardo deciso e tenero, da imberbi, i tre figli, e lei, la protagonista assoluta, intorno al letto/catafalco di morte:la Madre, secca e di nero vestita che “cunta” il suo fato, di genitrice viscerale e di luttuosa madonna. Una bicicletta usurata, rugginosa e smontabile, strumento/simbolo della tragedia dell’incidente mortale del più piccolo, Chicco, e, poco a poco, gli ornamenti del lutto in famiglia, quando si aprono le porte agli sguardi della gente per farla sedere, ad assistere, ad esibire in pubblico, per (il piacere?) degli “altri”, un dolore di pietra.
In una delle mille stanze di quello straordinario palazzo che è Villa Medici, sede dell’Accademia di Francia, dall’alto soffitto e dalle pareti nude, “dove non si può attaccare un chiodo”, dice Emma Dante in conferenza stampa, i convitati siedono intorno a quel letto, che risucchia l’attenzione, gli sguardi, la carne, i nervi, il cuore. L’elettrica fisicità e l’espressività magnetica del volto di Ersilia Lombardo catturano da subito lo spettatore avvolto nella magia nera della densa tessitura dello spettacolo, che, tentando di esorcizzare la morte/immobilità perpetua con un travolgente sirtaki ballato da Chicco e da tutti in una scena bella da piangere per il fiotto di vita che esplode dal “cadavere” steso sul catafalco, tocca con un dito uno dei misteri umani con ironia, gioco, allegria presaga, innocenza da ragazzi e straordinaria sincerità. Perché una madre non può accettare quel dolore, non può lasciare andare un figlio prima di lei, ma forse, più di tutto, non può e non vuole abbandonarlo all’ignoto, a qualcosa che non sa, ancora.
Almeno una volta tutti hanno visto un morto, i morti non si possono muovere, è questa la tragedia sembra, ma qui il morto parla, rivive, gioca a pallone, va in bicicletta, per poi ritornare ad essere ciò che è, morto,ovvero immobile... nelle braccia della madre che non lo lascia solo... e alla fine anche gli altri due figli, tutta la famiglia, festosa, tra maschere e cotillons, si chiuderà con gioia sotto quel letto, risucchiata dal lutto... o da una nuova vita che comincia?
Gli spettacoli di Emma Dante hanno un “marchio” di potente sicilianità, anche se in realtà il linguaggio dialettale usato in scena non è la fedele riproduzione del parlato, ma desicilianizzato, contaminato ed “inventato”. Si tratta di una lingua artificiale che costruisce un ventre di balena delle immagini primarie della nostra infanzia, l’imprinting della nostra persona e le fa deflagare in scene scritte sempre attraverso la passione.
Dopo mPalermu (2000), e Carnezzeria (2001), la trilogia dedicata alla famiglia siciliana si chiude con Vita Mia, e ogni volta, è come, tirando il fiato, immergersi nelle acque più profonde delle nostre relazioni umane, parentali, affettive e riemergerne stravolti, gonfi, muti. Perfette le rose, illuminate dalle file di lumini votivi davanti, rosse e appassite quel tanto che basta ad incorniciare e a costituire da sole una natura viva, parlante, in movimento. Sotto una struggente musica tradizionale, ci chiudono di fronte la porta: è la fine del rito.
Data l’opportunità/debutto per la regia di Emma Dante della scena internazionale offerta da Romaeuropa, sarebbe interessante confrontare sguardo e reazioni di uno spettatore possibilmente ignaro del tessuto familiare nostrano, per investigare se il background della Famiglia-Grande Madre ha tal potenza e presa anche extra-moenia.
[novembre 2004]
di Emma Dante
interpreti: Ersilia Lombardo, Enzo Di Michele, Giacomo Guarneri e Alessio Piazza
regia: Emma Dante
luci: Christian Zucaro
produzione: Compagnia Sud Costa Occidentale, co-produttore principale Romaeuropa Festival 2004, co-produzione Festival Internazionale Castel Dei Mondi - Andria, Scènes Etrangères La Rose des Vents - Lille métropol
