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Rouge-La finestra di fronte: un parallelo

Pubblicato il 20 aprile 2004 da Alessandro Borri


Rouge-La finestra di fronte: un parallelo

È un comune riflesso condizionato sentimentale ritrovare le fattezze di chi si ama proiettate in qualsiasi immagine ci si pari casualmente di fronte. Lo stesso ovviamente accade al cinema, quando lo si guarda con occhio innamorato. È così che la confluenza mentale della tragica morte di Leslie Cheung e del trionfo di La finestra di fronte ai David di Donatello ha provocato l’associazione subconscia tra l’opera di Ferzan Ozpetek e Rouge (1987) di Stanley Kwan, dove Cheung aveva la parte del fedifrago Chan Chen-pang, che dopo aver stretto un patto suicida con l’amante-cortigiana Fleur-Anita Mui, la lasciava sola nelle tenebre scegliendo di proseguire la propria miserrima vita mortale. C’è chi a proposito di La finestra di fronte ha evocato come possibile riferimento lo Scola di Una giornata particolare, e sicuramente una suggestione incrociata tra il tema dell’omosessualità in epoca fascista e la localizzazione in caseggiato popolare del rapporto di solitudini tra i vicini Loren-Mastroianni e Mezzogiorno-Bova ha giocato la sua parte nell’elaborazione del plot. Ma altrettanto e forse più evocativi sono i riflessi del capolavoro di Kwan sul bel film di Ozpetek. Stimolati forse dalla comune militanza dei due registi sul fronte del mélo e dalla dichiarata omosessualità, e concretizzati dalla natura in qualche modo archetipica di Rouge. Fatto sta che l’irruzione di Massimo Girotti nella vita della coppia Mezzogiorno-Nigro rimanda con forza a quella di Fleur nella vita di Yuen e Chor, la coppia di giornalisti che la accolgono nella Hong Kong anni ’80. Fleur è un corpo fantasmatico alla ricerca di un amore perduto nel tempo, e tale è in qualche modo la condizione dello stesso Girotti, rafforzata dalla postumità della sua commovente apparizione: il suo amore l’ha perduto per una controversa scelta morale, laddove quello di Fleur s’è smarrito nei gorghi della viltà maschile. Ma entrambi sono comunque amori crocifissi sulla croce della famiglia o della società, secondo il supremo modello mizoguchiano. Inoltre Girotti vive grazie alla sua amnesia (che lo accomuna all’altro memorabile personaggio di anziano nel cinema italiano degli ultimi anni, Michele in Lamerica di Gianni Amelio) col corpo nel tempo presente, con la mente e l’anima in un altro tempo, quello della Roma dei rastrellamenti nel Ghetto, che irrompe con naturalezza dentro ai luoghi caotici di oggi. Così come nelle visioni retrospettive di Fleur convive la città anni ’30 con la convulsa metropoli capitalista, in palinsesti scavati da Kwan e Ozpetek con l’attenzione amorevole di provetti archeologi della visione. Ed entrambi i personaggi sono infine una sorta di cartina di tornasole, nella loro assolutezza tragica, per i prosaici abitanti della modernità con cui si trovano a confronto. Imparando infine tra contrasti e crisi di coscienza ad accettare la propria condizione Yuen e Chor; scoprendo fulmineamente l’abbandono alla passione e sperimentando in sequenza l’etica della rinuncia Giovanna e il suo dirimpettaio, secondo le regole implacabili eppur gratificanti del melodramma. E così ci si consegnano Rouge e La finestra di fronte: due mélo spettrali eppur concretissimi, che sanno l’arte di dar fuoco alla propria materia come quella di sottrarla all’occhio per lasciare chi guarda sospeso tra il possibile e l’ineluttabile, tra l’atto e il ricordo che sfociano in rimpianto e dissoluzione. Forse, in speranza.

[aprile 2003]


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