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Santasangre - Seigradi

Pubblicato il 28 febbraio 2009 da Laura Khasiev


Santasangre - Seigradi

È una luce accecante quella che appare inizialmente dal palco, che fa pensare alla partenza di un aereo, o di una navicella. La compagnia SANTASANGRE trascina lo spettatore in una dimensione altra, per iniziare un percorso all’interno del ciclo vitale. In scena al Palladium dal 23 al 25 gennaio con lo spettacolo SEIGRADI, che ha coinvolto il pubblico in un viaggio senza tempo e senza spazio. Si perde percezione del teatro e ci si sente parte di questa avventura dell’ecosistema fatta di fasi diverse. Attraverso le musiche sintetiche, i colori, la body art, i video, si sono create visioni surreali e fantastiche, che hanno suscitato forti emozioni ma anche molte domande e perplessità riguardo alle nostre origini. Il contatto tra il primitivo e il moderno è stato l’anello di congiunzione più forte di tutta la rappresentazione, grazie ai materiali usati. Un paradosso suggestivo ed affascinante si è animato sul palco attraverso le movenze di un essere informe che ha attraversato i diversi stadi del ciclo dell’acqua, passando per la fase di aria, fuoco e infine terra. Una comunicazione ininterrotta tra scena e spettatore, il quale ha accolto tra i suoi pensieri il cammino del proprio essere dalle origini ad oggi. Sin dall’inizio si è percepito che si trattava di un corso che avrebbe condotto ad una fine, suscitando curiosità sull’esito del cammino che rappresenta il susseguirsi naturale dell’esistenza e che ha a che fare con ogni essere vivente. Roberta Zanardo ha il merito di aver coinvolto gli spettatori in un’avventura che li riguarda, con le sue movenze tra il reale e il surreale ha trascinato il pensiero in un non-luogo che non ha nulla di statico e che in realtà è movimento continuo verso una meta, quella della disgregazione, facendoci pensare all’attuale mondo liquido di cui parla Bauman. L’essere umano ha seguito sempre un medesimo ciclo di generazione-disgregazione e questo spettacolo ne è emblematico. Lo spettatore infatti entra in connessione con sé stesso, con le sue sensazioni ancestrali, con i suoi bisogni di creare e poi distruggere. Basti pensare all’evoluzione dell’uomo dalle sue origini, quando dal nulla ha creato la civiltà ed passato a fasi di cambiamento e distruzione con le guerre, per poi costruire ancora. Tutto ciò rimanda anche al percorso teorico e filosofico, basti pensare allo strutturalismo, alle categorie storiche di cui ci parla Burke, che suddivide la storia in sottogruppi, come contenitore di storie e microstorie, ognuna con il suo corso mutevole. Ed è il filosofo Rorty a parlare di contingenza, di precarietà delle idee, che funzionano in un’epoca, ma in quella successiva acquistano funzione diversa o la perdono del tutto. La danza informe che si innesta sul palco, protetto da un vetro inclinato, rimanda proprio a questo, alla storia del pensiero, alla filosofia, al lutto, dopo il quale l’uomo cerca inevitabilmente una nuova nascita. Un ciclo che sulla scena dura per 50 minuti, dove suoni e colori raccontano il cammino dell’umanità, infinto proprio per la sua valenza universale. Portatore di un inizio e di una fine che dureranno per sempre negli occhi e nella mente di chi ha assistito alla “performance di una temperatura”. Dapprima l’argilla ha coinvolto i movimenti di un essere che ci si è chiesti se fosse reale o creato da proiezioni, poi l’acqua con i suoi vortici virtuali a costituire l’altra fase. Infine un forte vento che si è preparato a divenire fuoco e ancora vortici surreali hanno coinvolto il corpo in scena in una danza globale per arrivare al punto di partenza, ossia all’argilla, che secca diviene terra. Tutto si polverizza, portando via con se ogni passo dell’intera esplorazione. La veste effimera e precaria resta a terra, anche quando il corpo non c’è più, come fosse un’opera d’arte da contemplare, immagine forte, l’unica immutabile. Umanità, primitivismo e tecnologia si fondono in una commistione scenica che porta ad una sfida continua con il proprio io. Un tragitto alla scoperta di ciò che abbiamo dentro, ma soprattutto di ciò che c’è al di fuori di noi e che ci coinvolge, plasmando di continuo la strada che ci ritroviamo a percorrere e ci collega all’universo intero. Dualismi e paradossi si sciolgono come la materia sul palco, essere e non essere, corpo e anima, realtà e finzione, natura e tecnologia, una corsa verso le origini, compiuta attraverso ciò che c’è di più moderno, musica che passa attraverso sintetizzatori, tutto ciò dà ragione al sottotitolo dello spettacolo che è allo stesso tempo un “concerto”.


Ideazione: Diana Arbib, Luca Brinchi, Maria Carmela Milano, Dario Salvagnini, Pasquale Tricoci, Roberta Zanardo; elaborazione video: Diana Arbib, Luca Brinchi, Pasquale Tricoci partitura ed elaborazione sonora: Dario Salvagnini; visual designer 3d : Piero Fragola; animazione acqua 3d :Alessandro Rosa; costumi: Maria Carmela Milano, Fiamma Benvignati; Produzione: Santasangre


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