X

Su questo sito utilizziamo cookie tecnici e, previo tuo consenso, cookie di profilazione, nostri e di terze parti, per proporti pubblicit‡ in linea con le tue preferenze. Se vuoi saperne di pi˘ o prestare il consenso solo ad alcuni utilizzi clicca qui. Chiudendo questo banner, invece, presti il consenso allíuso di tutti i cookie



Se avranno tempo per pensarci: Wall street e le ore

Pubblicato il 24 ottobre 2010 da Alessandro Izzi


Se avranno tempo per pensarci: Wall street e le ore

“Quando poi si compì per lei il tempo di partorire, ecco due gemelli erano nel suo seno.
Uscì il primo, rossiccio e tutto come un mantello di pelo, e fu chiamato Esaù. Subito dopo uscì il fratello e teneva in mano il calcagno di Esaù; fu chiamato Giacobbe.”
(Genesi 25, 24-26).

BMP - 36.4 Kb

Nel contesto del pensiero veterotestamentario, Giacobbe rappresenta un ponte sublime tra umano e divino. Figlio di Isacco, il piccolo lottava sin nel grembo materno per rivendicare il proprio diritto alla primogenitura. Un diritto che gli era destinato anche a livello simbolico visto che Esaù era di pelo fulvo e i capelli rossi erano, nella Bibbia, un chiaro simbolo dell’emarginazione divina.
Pur se prediletto da Dio, Giacobbe ha bisogno, però, dell’inganno per ottenere la benedizione paterna: dopo aver barattato la primogenitura con un piatto di lenticchie è costretto, infatti, ad indossare una pelliccia per presentarsi al padre, quasi cieco, fingendosi il fratello che era particolarmente villoso.
Una finzione che in quel di Wall street apparirebbe forse troppo ingenua. Anche perché le banche hanno barattato ben altro per miseri piatti di lenticchie.

Ne Il denaro non dorme mai Shia Labeouf interpreta la parte di un novello Giacobbe. Come il suo predecessore biblico ha bisogno di indossare un manto di pelliccia per combattere coi lupi alla loro stessa guerra. Ma come l’eroe biblico ha dalla sua la visione di una scala verso il cielo (il miraggio dell’energia ottenuta per fusione, forse la nuova “bolla” per i borsisti della nuova generazione) che passa per l’assicurazione di una discendenza (che, per il personaggio biblico si incarna addirittura nelle dodici nazioni di Israele).

BMP - 26.7 Kb

Il suo destino, il personaggio se lo porta impresso nel nome: Jacob, appunto. Ad inizio pellicola coglie la benedizione di un padre morente che gli indica la strada di un possibile futuro sereno e lontano dalle rovine del sistema capitalista e per tutto il film sognerà la sua scala al cielo anche, se per strada, gli toccherà di combattere non contro un angelo come l’eroe biblico, ma contro vari emblemi dell’avidità umana. Non ultimo uno cui spetterebbe l’appellativo di padre visto che è il genitore della futura moglie.

Oliver Stone pesca dal mito per la sua ultima fatica. Il suo bisogno non è tanto di ancorare il suo sequel al film che gli aveva aperto le strade del botteghino nei lontani anni ’80, ma quello di inquadrarlo in un contesto ben più vasto e articolato. Per certi aspetti tarato da un titanismo che il vecchio film non possedeva ancora.
I riferimenti al vecchio Wall street (la comparsata di Charlie Sheen, ad esempio) sono strizzatine d’occhio senza funzionalità narrative reali. Sono pezze d’appoggio ad un discorso che muta radicalmente le proprie coordinate in risposta ad un contesto culturale che ha, nel frattempo subito trasformazioni epocali.

BMP - 31.1 Kb

Se, nel lontano 1987 Wall Street nasceva come remake inconfessato di Platoon (stessa visione del mondo come giungla e dell’homo homini lupi come regola esistenziale imprescindibile), Wall street – Il denaro non dorme mai sembra nascere piuttosto come remake di World Trade Center. In tutti e due i casi abbiamo personaggi intrappolati sotto le rovine di un sistema, in tutti e due i casi si avverte il bisogno di una risalita che sia esistenziale, ma anche universale.
Ma a cambiare nel nuovo film è, soprattutto un’altra cosa: l’oggetto di valore che muove i vari attanti nel sistema narrativo di riferimento.
Se il movente principale di Gordon Gekko nel primo film era, per avidità, il denaro, adesso, a muovere la sua vendetta, è il bisogno di recuperare il Tempo perduto. Il personaggio, prima ancora che un risarcimento economico è alla ricerca di un vero e proprio risarcimento temporale.

E il tempo è il protagonista non poi tanto occulto dell’intera epopea immaginata da Stone. Dichiarata sin dall’inizio quando la voice over di Shia LaBeouf comincia a guidare lo spettatore inquadrando la vicenda narrata nel tempo mitico del cambriano, quando un meteorite, caduto per caso sulla terra, aveva di fatto azzerato ogni sistema di riferimento dando il via all’evoluzione delle specie che sarebbe culminata con l’affermazione del genere umano.

BMP - 45 Kb

Non è un caso che sia Jacob, figura ponte tra umano e divino e, per questo, linea di congiunzione tra mito e storia in quanto Padre delle Nuove generazioni sia a livello ideale (grazie alla sua fiducia nelle nuove fonti di energia) che a livello fattuale (è padre del bimbo), a farsi voce acusmatica al di sopra del film, oltre il racconto.
Il Tempo, che è le reale grande ossessione di Stone perlomeno da Alexander in poi, è l’elemento assoluto che prevale sugli interessi dell’economia. Il generoso assegno che Zabel regala a Jakob proprio all’inizio del film ha precisamente questa funzione. Non è un munifico dono economico, ma una sorta di piccolo contratto magico che può essere barattato con tempo: quello necessario per farsi una famiglia, per avere dei figli, per vivere una vita al di fuori di un sistema che, in nome del denaro, divora appunto ore. Come quelle perdute dallo stesso Gekko che passava, quando ancora era il mago di Wall Street, le serate in cucina a macinare caffè e telegiornali mentre i figli si maceravano a vederlo sempre preoccupato e sempre altrove.

BMP - 43.8 Kb

Del resto il dipinto custodito da Bretton James nel suo ufficio salone è Saturno che divora i suoi figli, capolavoro di Goya. Il potente dipinto si presta bene non solo a rendere il senso di cupidigia con cui i padri divorano i propri stessi figli (metafora assai pertinente dell’attuale situazione politico economica in cui una piccola oligarchia lascia i giovani senza alcuna speranza di futuro), ma è anche raffigurazione di un tempo che divora tutto, che tutto riporta alla polvere fine che si posa sulle tombe.
Per quanto possano apparire catastrofiche, le stesse conseguenze del crollo di un intero sistema economico, finiscono, sotto l’azione risolutiva del Tempo, per essere dimenticate come la bolla dei bulbi di tulipano che scoppiò sull’economia del Seicento. Ci si passa oltre perché bisogna pur continuare a vivere nonostante tutto anche se, per farlo, diventa necessario trovarsi un lavoro e soffocare ogni sogno come avviene per la madre di Jake che credeva nei mutui e nella compravendita delle case.
Quel che è certo, e Oliver Stone lo dice a chiare lettere, è che ogni volta che una bolla esplode, per reazione, qualcosa nel quadro cambia. Non è una visione buonista (come la stragrande maggioranza dei critici ha voluto pensare), ma una realtà sistemica.
Wall street – il denaro non dorme mai, con gli orologi e le clessidre e le torte di compleanno che si prolungano sui titoli di coda, non sembra tanto aprirsi alla speranza per un futuro migliore, quanto piuttosto chiudersi nella consapevolezza che un futuro ci sarà comunque. L’ardua sentenza spetta solo ai posteri. Se avranno il tempo per pensarci.


Enregistrer au format PDF