Tele Remake – Il commissario Wallander

Kurt Wallander è un uomo che appare solo e sconfitto, commissario di polizia a Ystad, piccola località svedese vicino Malmö. Kurt Wallander è un Kenneth Branagh ai massimi livelli del suo talento d’attore, finalmente ricco non solo di fredda tecnica: un ingegno che qui si è vestito di una barba di tre giorni, qualche centimetro di troppo sul girovita, occhi che emanano uno sguardo un po’ offuscato e labbra talmente sottili che pare difficile possano articolare una qualsiasi parola. Sono questi i segni della stanchezza senza riposo di un marito separato dalla moglie, ma che porta ancora la fede al dito; le impronte di un uomo, padre di una giovane equilibrata e piena di delicato amore, ma che da adolescente ha tentato il suicidio; i solchi profondi sull’unico figlio di un pittore malato di Alzheimer del quale ogni anno Kurt si dimentica il compleanno, non trovando il tempo per fare un regalo a un uomo irascibile e insofferente alle regole che con ironia ancora non comprende bene perché mai il suo ragazzo sia diventato un poliziotto.
Il commissario Wallander suona come una delle migliori novità all’interno delle detective story degli ultimi anni: miniserie della BBC in tre lungometraggi da 90’, è tratta dai best seller dello svedese Henning Mankell (già adattati dalla televisione del suo Paese tra il 1994 e il 2006, prima come film, poi come serie); da noi la prima stagione è stata trasmessa da ’Sky Cinema’ nel 2009 e riproposta ora da Rai 3, assieme alla seconda stagione che da noi era rimasta ancora inedita.
Wallander è un inadatto per eccellenza, senza sorrisi in volto – le sue labbra appena accennate... come potrebbero mai incresparsi? - amareggiato di fronte al dolore che sconvolge il mondo, fino ad avere il coraggio di piangere. Nella prima puntata schiaffeggiato da una giovinetta che gli rinfaccia di essere un imbecille che rivolge domande stupide (le solite che ogni buon poliziotto deve porre) sul passato di una persona che è stata uccisa. Soprattutto un agente troppo spesso disperatamente incapace di proteggere gli altri e simbolo di un individuo decentrato che non sa portare una legge e un ordine che possano conferire un senso a quello che lo circonda. Laddove il terzo, splendido, episodio (One Step Behind, in Italia diventato Delitto di mezza estate) si apre e si chiude con alcuni colpi di pistola, inframmezzati dai piani ravvicinati di un viaggio nell’amore e nelle sofferenze che quest’ultimo può arrecare alla natura umana, raffigurazione di una psiche e di un sentimento che sfuggono al controllo di una compiuta razionalità.
Eppure quanta calma meditazione si respira a Ystad, delicata quanto il rumore fragoroso di un cristallo che si infrange, insopportabile frastuono di un’inquietudine interiore che sopravanza qualsiasi azione. Mentre la luminosissima cinematografia di Anthony Dod Mantle (artista che ha partecipato ai primi esperimenti di ’Dogma 95’, divenendo in seguito collaboratore di Lars von Trier, oltre che vincitore dell’Oscar con il recente The Millionaire) disegna un eterno chiarore che acceca le coscienze, piuttosto che rischiararle. Laddove la musica è una presenza che si lascia ascoltare con partecipazione, ma senza risultare in alcun modo invasiva, sempre variata e capace di tratteggiare un’atmosfera dai contorni mai limitatamente definiti. Nondimeno l’apparato audiovisivo che ne consegue è assordante quanto il suicidio di una ragazzina in un paesaggio che è una infinita macchia gialla che mozza il fiato. O come le chiazze di sangue che ancora bagnano la parete di un salotto, la traccia più visibile e indelebile di quello che è stato un corpo vivo.
«Less, less, less doing and more, more, more being»: sono queste le parole che lo stesso Branagh ha utilizzato per sintetizzare la sua esperienza nei panni di Wallander e le difficoltà che ha incontrato in una tale approccio al personaggio, così lontano dai suoi standard abituali, ma foriero di un insegnamento che lo ha aiutato anche nei ruoli successivi. E in ciò noi confidiamo: che l’attore di Belfast mantenga la promessa, affinché possa vivere un futuro artisticamente radioso, nuovo inizio di una lunga carriera.
