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Televisionarietà: "1992"- episodio 05-06

Pubblicato il 8 aprile 2015 da Giammario Di Risio


Televisionarietà: "1992"- episodio 05-06

Continua il nostro approfondimento su 1992 con questo Focus sugli episodi 05 e 06. Cominciamo dalla consueta sintesi delle principali linee narrative

Episodio 05

Questo passaggio è come una rimescolata al mazzo di carte: i protagonisti sono andati in fondo a qualcosa e ora riemergono. Lo fa Pastore, che scampa ad un collasso dovuto alla malattia e riallaccia i contatti con Bibi; quest’ultima è in preda ai dubbi se rilevare o meno la presidenza dalla Holding di suo padre; Veronica potrebbe iniziare le riprese di un film di Salvatores coccolata dal suo nuovo protettore, un vecchio produttore; Notte flirta nuovamente con Dell’Utri ma pensa al Cavaliere riuscendo anche a salvare Bibi una notte da un’overdose; Bosco invece riesce a trovare un obiettivo per cui lottare in Parlamento e ritrova sul suo percorso, ad una festa, la donna di cui è innamorato da mesi: Veronica.

Episodio 06

Pastore è sempre più convinto che Bibi, che sta per diventare presidente della Holding Mainaghi, possa aiutarlo nelle sue indagini. Intanto Notte cerca di arrivare al Cavaliere dopo la soppressione del Centro Studi Publitalia; Veronica, foraggiata da Bosco, inizia un corso presso l’Actors Studio. Intanto in Italia la situazione è sempre più caotica e mentre il Milan vince lo scudetto, ecco che la Mafia ricompare a distanza di pochi mesi con la strage di Via D’Amelio.

Note critiche

Con la chiara volontà di radicare lo stomaco e il cuore degli spettatori sempre più sulle storie dei personaggi, ecco che questi nuovi episodi, mutuando già le linee dei precedenti due, portano i fatti storici come semplice cornice orizzontale puntando molto sulla verticalità. Il discorso di Craxi, datato 3 luglio, e giocato tra immagini di repertorio e fiction, dona il sentore di “degenerazione” totale della classe politica mentre la mattanza di Borsellino e della sua scorta fa rispuntare in quadro la Mafia. Tolti questi due nuclei, l’estensione della serialità vive delle parabole sussultorie degli eroi. Veronica oscilla continuamente tra l’essere una puttana, che le delusioni hanno reso cinica, e una donna bisognosa di affetto; Notte, inquadrato spesso dall’alto e con un filtro dilatato, abbandona per un attimo le nevrosi del passato e si rituffa nella scalata al potere, intorno a lui donne che lo considerano oggetto di desiderio creando un ponte simbolico con i suoi veri obiettivi professionali. Mentre il dramma continua ecco che le musiche, dagli Smashing Pumpkins a Leonard Cohen, si concentrano sulla tensione emotiva e noi spettatori ci ritroviamo continuamente ad essere depistati. Lo siamo con l’indagine di Pastore e le scelte di Bibi o con l’innamoramento di Bosco per Veronica. Un ruolo fondamentale viene giocato dalla fotografia, che parte con toni scuri per offrirci nel corso del racconto un grigio angoscioso, nonostante ci troviamo in un periodo estivo, quasi dovessimo comprendere inconsciamente l’energia negativa, tragica che avvolge il tutto. Il sesso continua a giocarla da protagonista, violento e strumentale con Veronica, fascinoso ma ugualmente strumentale con Notte. Ma anche in questa linea la regia riesce, compiendo un’operazione di qualità, a dotare un amplesso animalesco, aggressivo e violento, di dolcezza e struggente drammaticità. I dettagli sugli occhi, le espressioni che si modificano a distanza di poche sequenze, non disturbano la fruizione ma vengono accolte naturalmente visto che ormai l’immersione è stata realizzata. La verticalità gode anche di piccoli flash che strizzano l’occhio al passato, come un amore finito di Pastore, o al futuro, come le possibili tendenze sessuali del vecchio collega della Lega di Bosco. Una serie di “saggi” o figure “paterne” tengono fede alla loro mission di sostegno, e parliamo del personaggio di Di Pietro, di Dell’Utri, della giornalista sorella di Veronica e del vecchio democristiano scafato che dota il quadro di echi sorrentiniani con le sue feste nell’attico a due passi da Piazza Venezia. Legarsi e slegarsi sotto l’egida del potere, e che sia sessuale, politico, economico non fa differenza, è questa la parabola che ci sta raccontando 1992 e forse l’operazione sta riuscendo perché il tutto è sottile, lento e ragionato. Le incursioni orizzontali sono ragionate e mai retoriche, i cambi di ritmo e di tensione sono studiati, i tagli di inquadratura particolari ma sostenibili. Ribadiamo la perplessità, nella scrittura di grande qualità, riguardo al personaggio di Venturi, che ancora non riesce ad affascinare e non innesca il cambio di passo. Segnaliamo infine anche una piacevole e furbesca presenza che gioca sul filo della realtà e della fiction, di fatto un Giovanni Rana in grande spolvero che troneggia tra Accorsi e i suoi amati, e venduti, tortellini.

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