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Televisionarietà - Quo vadis baby?

Pubblicato il 16 maggio 2008 da Fabiana Proietti


Televisionarietà - Quo vadis baby?

Uno spaghetti noir a tempo di rock. Quo vadis baby? si apre ai codici del racconto hard boiled rispettandone le convenzioni principali, con una protagonista un po’ ‘maudit’, cinica e diffidente come un Sam Spade o Philip Marlowe che ne abbia viste troppe per poter ancora credere nel suo prossimo.
Alle prese con clienti che mentono, costringendola a indagini rischiose – il primo episodio Fattore umano ricorda da questo punto di vista l’incipit di Il mistero del falco – la protagonista può provare quel brivido di adrenalina che cerca anche esibendosi sul palco del Johnny’s Place (locale gestito da Johnny Riva - Bebo Storti) o tirando di boxe.
Le convenzioni del noir subiscono, però, una costante rielaborazione all’interno di un panorama tutto italiano, che non scimmiotta le metropoli d’oltreoceano e trae invece forza dal contesto provinciale in cui le indagini della protagonista sono inserite.
Rispetto alla versione cinematografica, è questo il dato che connota immediatamente la miniserie: un approfondimento del rapporto di amore e odio che Giorgia intrattiene con la sua città, per i cui portici si aggira, commentando che ormai ‘da un po’ di tempo a Bologna dietro ogni faccia sembrano nascondersi dei gran casini’.
Il nuovo poliziesco italiano, letterario, cinematografico e ora televisivo (pensiamo anche all’ottimo risultato ottenuto con Il Commissario De Luca di Antonio Frazzi) sembra ripartire esclusivamente da Bologna: una città di provincia capace di rivelare un lato oscuro particolarmente fecondo per queste inchieste dell’anima.
Perché quelle di Giorgia Cantini, personaggio nato dalla penna di Grazia Verasani (anche autrice del soggetto per la serie) e portato sul grande schermo da Gabriele Salvatores, sono soprattutto – come per ogni noir contemporaneo – una continua, affannosa ricerca di verità, un viaggio nella propria coscienza esplorata attraverso l’incontro con i personaggi che di volta in volta la donna incrocia lungo la sua strada.
E il viaggio dentro di sé finisce per sovrapporsi con quello alla scoperta di un mondo sempre più manicheista, fatto di buoni e cattivi ma soprattutto di potenti e deboli, in cui Giorgia finisce immancabilmente per farsi paladina di questi ultimi.

Se la versione cinematografica era solo ed esclusivamente un’indagine privata, in cui l’uso del videotape, con i messaggi lasciati da Ada (Claudia Zanella) alla sorella minore, chiariva subito il ruolo voyeuristico affidato allo spettatore, ‘costretto’ ad entrare nella vita delle due sorelle dal buco della serratura, la miniserie di Sky sfrutta l’appeal del personaggio di Giorgia per inchieste dal taglio sociologico, in cui i problemi dei personaggi rispecchiano immancabilmente le piaghe del mondo contemporaneo.
Così come accade in Fattore umano, dove il lutto che attanaglia sia la detective che la sua cliente (una misurata Claudia Pandolfi, guest star con ruolo da ’vendicatrice’, novella Julie Kohler) trova più ampia eco nelle ingiustizie sociali subite dai familiari delle vittime di un disastro aereo.
E’ nel segno di questo reversibile passaggio tra sociale e privato, tra esterno e interno (della coscienza) che la serie si dipana: il rapporto diretto di Giorgia col proprio subconscio, il recupero di un dono o luccicanza già posseduti dalle protagoniste femminili di alcuni serial Usa come Medium o Ghost Whisperer, in cui è assente qualunque cesura tra regno dei vivi e quello dei morti e il dialogo costante con l’aldilà diventa esperienza quotidiana per sopravvivere in un mondo reale che sembra ancor più popolato di fantasmi.
I flashback della sorella che assalgono – è il caso di dirlo – Giorgia, nei momenti più delicati o rischiosi delle indagini, ricordano quelli analoghi di Veronica Mars, serie che mostra più di un punto di contatto con le avventure di Giorgia Cantini, nei flashback vagamente allucinatori dell’amica Lilly, uccisa brutalmente e sulla cui morte Veronica si trovava a investigare.
Abbandonato il mistero intorno alla morte di Ada nel film di Salvatores, la miniserie firmata da Guido Chiesa reinventa alcuni personaggi, tra cui quello chiave della sorella: non più Ada, dunque, la sorella maggiore dalla vita scapestrata, aspirante attrice suicidatasi per depressione, ma una sorella minore, partita volontaria per il Mali, con cui Giorgia intratteneva un rapporto non meno difficile: gelosie per lo stesso uomo condiviso (il commissario Bruni, che in tv ha le fattezze di Thomas Trabacchi) e un fondamentale complesso d’abbandono di cui Giorgia sembra soffrire, nonostante l’aria dura da rocker.

Esperimento interessante, dotato di una messa in scena sperimentale, la serie tenta di ovviare allo scarso appeal visivo del digitale con inquadrature sghembe ricche di contrasti cromatici e sempre molto ricercate (esaltate dalla fotografia di Roberto Forza) e un costante movimento della macchina a mano per restituire il flusso emotivo che muove la protagonista nelle sue ricerche.
Così come abbondano prolessi e analessi a simboleggiare questo scambio simbiotico tra il passato che ossessiona Giorgia e un presente annegato nella rabbia: e proprio in Fattore umano si riscontra questo interessante uso del flashforward, che anticipa il dialogo con il commissario Bruni e il successivo amplesso, mentre la protagonista è ancora impegnata sul palco a cantare la meravigliosa Love will tear us apart.
Non tutto però sembra funzionare e a una messa in scena accattivante fa da contraltare una scrittura non sempre convincente, con dialoghi stilizzati, omaggio alle convenzioni del noir, stridenti però a contatto con il mondo reale che la serie abbraccia; così come si riscontra qualche incertezza nella delinazione dei personaggi, specialmente quello di Lucio, assistente gay della protagonista, che nel film, anche in virtù dell’interpretazione ottima di Elio Germano, appariva meno caricaturale di quanto non avvenga nella serie, mentre pieno di potenzialità è il personaggio di Johnny Riva, assente nel film, amico e confidente della protagonista, ex attore porno ma fine estimatore di musica classica.
Nonostante queste perplessità, Quo vadis baby? ha gettato solide basi per la realizzazione di una buona serie, un singolare work in progress in bilico tra cinema e televisione, anche per lo stesso formato, della durata cinematografica canonica di 90’.
Tra l’anima rock di Giorgia-Angela Baraldi e il mestiere di Guido Chiesa le potenzialità ci sono. Speriamo di vederla crescere…


Gli episodi:
- Fattore umano
- La ragazza dei rospi
- I signori della guerra
- La ballata di Johnny
- Call center
- Requiem per Sara

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