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Televisionarietà - The Bing Bang Theory

Pubblicato il 10 novembre 2010 da Viviana Eramo


Televisionarietà - The Bing Bang Theory

Da poco approdata sulla nostrana tv generalista (nel preserale di Italia Uno), The Bing Bang Theory è una delle migliori sit-com degli ultimi anni. Sebbene letteralmente devastata dal doppiaggio italiano - che ha peccato decisamente di superbia tentando di affibbiare al serial un mood non proprio, pur di fronte l’arduo compito di tradurre ed interpretare dialoghi particolarissimi - questa sit com può essere pienamente e autenticamente gustata solo nella sua versione originale. Premessa scomoda, ma necessaria, tesa non tanto a buttare fango sul lavoro del doppiaggio italiano (che non è poi molto peggio dello standard europeo), quanto piuttosto a preservare l’unicità del lavoro di scrittura (e di interpretazione degli attori) che sta dietro The Bing Bang theory.

La sit com, ambientata, come vuole il genere, esclusivamente in interni, mette al centro delle vicende quattro ricercatori universitari che lavorano al California Institute of Technology, tanto geniali nel loro lavoro quanto imbranati, manco a dirlo, con le donne. Il bing bang del titolo avviene nel pilot quando, sullo stesso piano del palazzo in cui abitano due dei quattro amici, arriva una splendida biondina - cameriera con sogni d’attrice - che fa breccia nel cuore di Leonard (Johnny Galecki). La formula alla base della serie sarebbe presto detta e sulla carta potrebbe forse evocare, con orrorifiche conseguenze, il profilo di certi beceri format televisivi che in Italia conosciamo bene e che probabilmente hanno un poco ispirato il doppiaggio nostrano. Ma The Bing Bang Theory ha ben altro respiro e dimostra, fin dalla prima delle quattro stagioni, scrittura, tempi comici e personaggi molto ben costruiti, che rendono la formula di partenza solo un’iniziale suggestione capace di originare un prodotto complesso, pur nell’apparente semplicità.

A ben guardare, infatti, in questa serie targata Cbs, quello che dovrebbe o sarebbe potuto essere il motore drammaturgico (la storia d’amore o aspirante tale tra Penny e Leonard) si riduce ad una tensione narrativa che permane lungo la durata delle stagioni, mantenendo un legame aperto tra gli episodi (quasi) sempre autoconclusivi, mai pienamente centrati sulle pene d’amore del nostro Leonard. In questo senso, Penny (Kaley Cuoco), la ragazza della porta accanto, è l’elemento straniante, misura della normalità rispetto a linguaggi, abitudini e passione del piccolo universo dei nerd in cui lo spettatore è catapultato. Ecco perché appare da subito vincente la caratterizzazione del personaggio femminile, originariamente pensato molto diversamente. Nel primo pilot bocciato dalla Cbs, infatti, alla svampita dolcezza e al tagliente sarcasmo di Penny si sostituiva un personaggio sboccato e maggiormente esplicito dal punto di vista sessuale.

Non c’è dubbio che The Bing Bang Theory cavalchi l’attenzione (momentanea?) che la televisione, non solo di oltreoceano, sta dedicando al mondo nerd e geek. Ma lontanissima dal ridurre il tutto a una poi manco tanto furba operazione di marketing, la serie ideata da Chuck Lorre e Bill Prady è in realtà il terreno di una riuscitissimo esercizio di scrittura che coniuga il linguaggio scientifico a fini giochi retorici, capace di creare e mantenere un originale e divertentissimo universo linguistico, tanto autoreferenziale quanto in grado di strizzare l’occhio al mondo dello spettatore medio, come sempre succede nei più riusciti prodotti della serialità (comica). The Bing Bang Theory così pesca a piene mani, manco a dirlo, nel mondo dei comics, dei giochi di ruolo, della web-community e dello sci-fi (tanto cari al mondo nerd) e costruisce un microcosmo multiculturale di personaggi con qualità e fobie che - mettendo insieme un indiano che usa la webcam per comunicare con i tradizionalisti genitori, un ebreo non ortodosso, un texano razionale e abitudinario - sembrerebbe emulare e deridere lo stereotipo della società americana. La puntata (la 2x18) in cui i quattro si ispirano esplicitamente al fordismo per aiutare Penny nel suo nuovo business è, in questo senso, un vero spasso. La costruzione e l’assortimento dei personaggi, tra i quali spicca l’‘adorabile’ Sheldon (Jim Parsons), i dialoghi esilaranti figli di una comicità intelligente, colta e popolare quanto basta, insieme alla costruzione drammaturgica degli episodi, che iniziano sempre con ciò che successivamente andrà solo ad affiancare il main plot, fanno di questa serie un vero gioiello. Imperdibile.


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