Giffoni 2016 - The Here After
Magnus Von Horn, classe 1983, è un giovane regista e sceneggiatore svedese che ha dato prova, con il suo primo lungometraggio, di un’interessante capacità autoriale. Scritto e diretto da lui, The Here After esprime indubbiamente una dote da director non indifferente, pur avendo qualcosa da sfrondare dal punto di vista della gestione dei tempi scenici nel montato finale: troppo lungo, infatti, in tutta la prima parte, a partire dalla seconda metà in poi il film decolla sia nella trama che nella forza emotiva della storia che racconta.
Quando John fa ritorno a casa da suo padre, dopo un periodo passato in carcere sotto la pesante accusa di omicidio, è ancora un ragazzo molto giovane e ha tutta la voglia di rifarsi una vita. Tuttavia, nella comunità dove abitava insieme alla sua famiglia – papà, fratellino e anziano nonno malato, tutte componenti maschili che rendono chiara la mancanza di una controparte femminile, sempre fondamentale dal punto di vista dell’equilibrio psicologico di un individuo, specie se uscito da anni di reclusione - il suo crimine non è stato mai né dimenticato né perdonato. Anzi, la presenza di John tira fuori il peggio da chiunque gli sia accanto e lentamente intorno a lui si crea, o meglio si ricrea, un’atmosfera la cui tensione si taglia con il coltello. Sentendosi abbandonato dai suoi vecchi amici e dalle persone che ama, John perde la speranza.
Ma il finale rimane aperto, insieme alla fatidica domanda: riuscirà a cambiare vita?
Quello che colpisce profondamente del film, che apre quest’anno la sezione +16 del Giffoni Film Festival, è la sua intrinseca glacialità. Eppure, per quanto sicuramente si tratti di una caratteristica insita nei popoli e nei paesi nordici, in questo caso specifico essa viene esasperata a tal punto da avvincere lo spettatore in un groviglio d’ansia spettrale.
Se l’incomunicabilità tipica del mondo soprattutto giovanile di oggi è ormai conosciuta e riconosciuta come il problema cardine della “generazione Y”, in The Here After la pressoché totale assenza di motivazione a scoprire i problemi evidenti del protagonista della storia rende l’angoscia il sentimento univoco che accompagna il pubblico dall’inizio alla fine della proiezione.
Pochi sprazzi di speranza, sempre inquadrati attraverso il filtro di una fotografia fredda e convincente, risiedono nel dialogo che il tutor e la preside della scuola dove torna John provano ad intessere con lui, difendendolo anche quando i suoi compagni di studi gli si scagliano apertamente contro.
Ma se diamo per assunto che il cinema sia lo specchio dell’anima di una nazione, tutto questo cerchio si chiude senza fare pieghe nel momento in cui viene inserito nella sua cornice socio-culturale, a detta di molti, pur con le dovute eccezioni, fatta strutturalmente così.
Rende sicuramente molto bene, in ogni caso, l’interpretazione dell’attore principale, Ulrik Munther, il quale, estremamente apprezzato da parte dei giovanissimi giurati presenti in sala, ha incontrato il pubblico alla fine della proiezione mostrandosi dichiaratamente vicino, al di là della sua componente violenta, all’introversione tipica del suo alter ego John.
(Efterskalv) - Regia: Magnus Von Horn; Soggetto & Sceneggiatura: Magnus Von Horn; Fotografia: Lukasz Zal; Montaggio: Agnieszka Glińska; Musiche: Olivier Dandré; Costumi: Anna-Karin Cameron; Interpreti: John (Ulrik Munther), Martin (Mats Blomgren), Filip (Alexander Nordgren), Farfar (Wieslaw Komasa), Malin (Loa Ek); Produzione: Lava Films (Poland); Distribuzione internazionale: New Europe Film Sales (Polonia); Origine: Svezia; Durata: 100’; Web info: [IMDB-<http://www.imdb.com/title/tt4150494...]