The Liability

Dopo aver fatto incetta di premi lo scorso anno con il film Ghosted al 29TFF e al New York International Independent Film & Video Festival, il regista Creig Viveiros torna in concorso al Torino Film Festival con The Liability, film totalmente diverso rispetto a quello precedente ma che per ritmo e stile ci dona il ritratto di un regista già maturo e con uno modo di narrare accattivante e ben definito. Se da un lato infatti Ghosted si svolgeva in un carcere e si sviluppava a metà strada tra film gangster carcerario e dramma familiare, The Liability ha un registro totalmente diverso diviso in più blocchi tra horror/thriller e gangster/comedy. La disgregazione della famiglia e dei valori morali vengono raccontati con un tono dark e grottesco che spesso e volentieri strappa più di qualche risata al pubblico.
Partire con l’idea di un diciannovenne perdigiorno, impegnato solo ed esclusivamente a giocare con la xbox e a combinare guai cercando di imitare i bulli da strada di GTA, che all’improvviso si ritrova ad imparare il "mestiere" di killer presso uno degli scagnozzi del patrigno è di per sé già vincente. Ne è una dimostrazione la prima ora della pellicola, dove battute, montaggio e trovate registiche degne del miglior Guy Ritchie si susseguono in maniera folgorante ed incalzante (grazie anche all’ottima prova di attori del calibro di Tim Roth e Peter Mullan) supportati da una buona sceneggiatura. Purtroppo però l’ultima mezz’ora del film diventa un pastiche piuttosto confuso che cerca di stupire attraverso colpi di scena fin troppo telefonati e poco plausibili che finiscono per annoiare, allungare il brodo e addirittura cambiare psicologia e caratteristiche comportamentali del personaggio fin lì più riuscito: il killer.
Viveiros dimostra ancora una volta di essere un regista molto tecnico (non a caso ha cominciato come operatore e direttore della fotografia) capace di muoversi con agilità tra gli stilemi di vari generi cinematografici in maniera omogenea, senza mai distrarre o infastidire l’occhio dello spettatore. Purtroppo questa sua abilità non viene supportata da una sceneggiatura completamente riuscita andando così a penalizzare l’ottimo lavoro svolto su recitazione e movimenti di macchina. Lo si attende dunque ad una prova più matura che possa definitivamente inquadrarlo come autore a trecentosessanta gradi. Per ora è "solamente" un ottimo director come direbbero negli USA e, visti i tempi che corrono, non è cosa da poco.
(id.); Regia: Craig Viveiros; sceneggiatura: John Wrathall; fotografia: James Friend; montaggio: Pia Di Ciaula; musiche: Vicky Wijeratne; interpreti: Tim Roth, Talulah Riley, Jack O’Connell, Peter Mullan; produzione: Corona Pictures, Starchild Pictures; origine: UK 2012; durata: 95’.
