THE LOOKING-GLASS

Nell’ultima pièce di Leonardo Petrillo il tema del doppio e dello specchio trova un’altra, ennesima, variazione. Lo scontro generazionale tra affermato maestro e giovane allievo è il motore scatenante di The Looking-glass che vede recitare Philippe Leroy nel ruolo del carismatico maestro e il suo giovane allievo, interpretato alternativamente da Sylvia De Fanti e Riccardo Floris in giorni diversi. I due protagonisti si specchiano proiettando l’uno sull’altro desideri e pentimenti, sogni e ricordi. Le due generazioni si confrontano anche sulla visione del mondo teatrale: un mondo totalizzante per il maestro, a cui sacrificare la propria vita ed i propri affetti, ed un mestiere invece per il giovane allievo, che sogna il palcoscenico ma senza rinunciare ad altre passioni. Nel testo scritto dallo stesso regista Leonardo Petrillo, i personaggi giocano sulla doppia versione di sé stessi, appoggiandosi alle parole di Shakespeare che, tagliuzzato, affiora qua e là nel discorso, confondendo realtà e rappresentazione fino ad arrivare a giocare anche con il pubblico. Ma mentre Leroy riesce a dare al personaggio di sé stesso le sfumature necessarie a comprendere il sottile gioco, la giovane De Fanti non differenzia una virgola nell’interpretazione di una o dell’altra situazione, con il risultato di confondere ancor di più lo spettatore lasciato solo nella fredda valle del dubbio. E certo non lo aiuta l’inspiegabile esposizione del petto nudo dell’attrice, un gesto gratuito che rimanda agli spettacoli anni settanta, nei quali un’azione eclatante era a volte più importante di una buona recitazione. Bello invece il lavoro sul testo (Vincitore del Premio Internazionale Ennio Flaiano 2003), un collage di Amleto, King Lear e Riccardo III che mischiato al testo scritto dal regista, veste i dialoghi con ironia ed eleganza, ricreando quella compenetrazione fra teatro e vita che è il punto intorno al quale gira tutto lo spettacolo. Alla fine, l’idea che rimane è quella di aver assistito ad una dichiarazione d’amore al teatro, agli effetti scenici (bellissimo il temporale ricreato a vista con le macchine teatrali) ai personaggi, agli attori e al gioco di specchi ed illusioni. Joyce scriveva: “Shakespeare è la felice riserva di caccia di tutte le menti che hanno perso l’equilibrio”, ossia l’arte del fare teatro come specchio della vita.
Testo, regia: Leonardo Petrillo; Artisti: Philippe Leroy, Sylia De Fanti, Riccardo Floris, Enzo Bentivegna; Scenografia: Adriano Pernigotti; Costumi: Sandra Cardini; Luci: Massimo Munalli, Sergio Baldin; Musiche a cura di: Leonardo Petrillo.
Teatro dell’Orologio Sala Orfeo dal 1 febbraio al 5 Marzo
