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The Sound of Silence - a proposito delle telecronache

Pubblicato il 22 febbraio 2021 da Matteo Galli


The Sound of Silence - a proposito delle telecronache

Bazzicando da decenni la Germania, è capitato, seppur non spessissimo di assistere alle loro telecronache, fatte di lunghissimi silenzi in cui al telespettatore è concesso di concentrarsi sulla partita, di distrarsi, di discutere in prima persona magari con amici che cosa stia avvenendo, di sorseggiare una birra. È un po’ come il sistema scolastico tedesco che mira, di fatto, più a formare cittadini consapevoli - sviluppare quella che i tedeschi chiamano la Streitkultur, la capacità di discussione, di prendere posizione - che a investire il malcapitato allievo di dati, di una serie infinita di nozioni secondo una metodologia pesantemente storicistica in base alla quale non è possibile per lo studente (che sia delle elementari o universitario poco importa) esprimersi senza essersi informato prima di tutta la storia antecedente: storia tout court, o storia della letteratura, della filosofia, dell’arte, della musica, del cinema etc.

Lo stesso vale per il calcio. I telecronisti italiani che un tempo non erano poi così differenti da quelli tedeschi, intendo all’epoca dei vari Nando Martellini o Bruno Pizzul, adesso ci uccidono di dati, di numeri, di statistiche, siano essi telecronisti della Rai, a cui notoriamente restano solamente i diritti della Nazionale e della Coppa Italia, siano essi di Sky o di Dazn. Sono tutti clamorosamente uguali. Ogni volta che c’è un goal, un calcio d’angolo, un calcio di punizione, non possono esimersi dal dirci quanti goal la squadra Xy ha fatto in seguito a tiri da fermo (punizioni, angoli), quanti su colpo di testa, quanti grazie ad attaccanti, a difensori, a subentranti, quanti goal in quante partite nell’anno solare, nel campionato tal dei tali, e quante presenze e in che posizione nella classifica perpetua, e nella classifica da quando la vittoria vale tre punti, e da quanti minuti non segnava, e quanti goal il calciatore X ha fatto storicamente alla squadra ipsilon (“suo bersaglio preferito”). Evidentemente i telecronisti hanno sotto gli occhi costantemente inutili database che non interessano a nessuno che snocciolano una quantità assurda di dati che un secondo dopo lo spettatore ha per forza di cose dimenticato.

L’importante è parlare, assordare chi vede e chi ascolta di una valanga impressionante di parole, perché la cosa dalla quale più si rifugge è il silenzio, non sia mai che lo spettatore si senta smarrito dinanzi a qualche secondo di silenzio. E se per caso il telecronista uno tace, non preoccupatevi, perché sarà il telecronista due a dirci da quanti cross il giocatore Pincopallo ha fatto dall’inizio del campionato e quanti assist e quanti dribbling. Ogni tanto i telecronisti fingono di tacere per ascoltare, in assenza di pubblico dalla pandemia in poi, le voci dal campo, gli allenatori, le grida dei giocatori; ma poi da un lato non riescono proprio a stare zitti dall’altro hanno una gran paura che ci scappi una parolaccia o peggio ancora una bestemmia. Dopo pochissimi secondi, massimo tre, riattaccano a parlare, sbrodolando tutta quell’inutile messe di inutili dati.

Non so, inoltre, se avete notato che all’interno di questo profluvio di parole – fatti salvi alcuni vezzi di singoli telecronisti, che so io “Game Over al…”(i puntini stanno per il nome dello stadio), di Maurizio Compagnoni, o Pierluigi Pardo che ci dice sempre quanto manca esprimendosi in secondi: 525 secondi al termine dell’incontro, il “passaggio dell’Ave Maria” di Nicola Roggero, il “tè caldo” di Fabio Caressa - ci sono le mode linguistiche dove, di nuovo, sono tutti rigorosamente interscambiabili. Qualche anno fa si parlava di “attaccare lo spazio” oppure di “passaggio no look” oppure di transizioni (Compagnoni aggiungeva “trasformare l’azione da difensiva in offensiva”), adesso le nuove mode sono per una difesa con tre centrali denominare i terzini “i quinti”, da un paio d’anni ma adesso in leggera dismissione “la catena di destra” o “la catena di sinistra”, niente più difensori ma difendenti (che fa venire in mente “defendants” in inglese, che notoriamente vuol dire gli imputati) oppure l’espressione, anche questa stucchevolmente ricorrente: “dimentica il pallone che nel calcio non è un dettaglio”. Eccetera, eccetera.

Modesta proposta: 5 minuti ma forse basterebbero 3 minuti a partita di silenzio.


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