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TORINO FILM FESTIVAL 2006 - FUORI CONCORSO - SCREAM OF THE ANTS

Pubblicato il 15 novembre 2006 da Antonio Valerio Spera


TORINO FILM FESTIVAL 2006 - FUORI CONCORSO - SCREAM OF THE ANTS

Un guanto sugli occhi di una donna sostenuto dalla forza del vento. E’ la prima inquadratura di Scream of the Ants, un affresco che trasmette il senso dell’equilibrio precario e, allo stesso tempo, il segno di un abbandono alla natura. E’ un prologo che sa di leggerezza e di maturità, che proietta lo sguardo affascinato dello spettatore nell’atmosfera poetica che domina l’intero racconto. La nuova opera del maestro iraniano Mohsen Makhmalbaf è un viaggio nel cuore dell’India, ma soprattutto un’inesorabile peregrinazione tra gli opposti della vita.
Marito e moglie, provenienti dall’Iran, partono per un viaggio con l’obiettivo di trovare colui che viene chiamato L’Uomo Completo, un santone indiano che si dice faccia miracoli. Il loro cammino diventa un percorso interiore che mette a confronto le profonde diversità della coppia.
Lui è ateo, lei credente. Questo spunto narrativo è solo un pretesto per il regista. Perché Scream of the Ants diventa, man mano che le immagini scorrono sullo schermo, sempre più un’ascesa al vero significato dell’esistenza. Vita e morte sono i due poli tra i quali si muove il mondo, due facce della stessa medaglia, le quali, prima che nella realtà, si contrastano astrattamente.
Lo stile di Makhmalbaf è poesia visiva. Ogni inquadratura è costruita pittoricamente. La macchina da presa sfiora i personaggi, li tratta come se fossero foglie al vento. L’immersione nei sentimenti e nelle anime è ottenuta tramite le loro parole, che hanno tanta importanza quanto le immagini stesse.
Il film non vuole lasciare spazio ad alcun giudizio. E’ semplicemente ispezione, rappresentazione, resa sempre con uno sguardo documentario ma al contempo sensibile. Scream of the Ants è un saggio sulla ricerca e sulla consapevolezza che essa, ottenuto o no il risultato, porti in ogni caso a trovare qualcosa.
Tutto ciò che viene mostrato sullo schermo è come possedesse un’anima. Ed è per questo che il film è anche un discorso sulla divinità del creato nella sua interezza. La vita non è un errore, come invece pensa il protagonista maschile della storia, sembra suggerire l’autore. Ogni movimento di macchina, ogni singola carrellata, ogni primo piano dimostrano, grazie alla carica emotiva che emanano, che la vita è un dono. L’urlo delle formiche del titolo è quello della sofferenza del mondo, che non deve essere preso come motivazione per denigrare l’esistenza ma come valorizzazione del dolore in quanto sentimento umano.
Makhmalbaf dà al film un tono mistico e mette in risalto l’opposizione tra fede e ateismo senza condannare nessuno. Il racconto, inoltre, è un’analsi della cultura indiana, della sua religione, dei suoi usi. La straordinaria fotografia mette in risalto i contrastanti colori dei paesaggi dell’India. Lo stile del regista denota un forte amore per i luoghi e la gente che porta sullo schermo.
In Scream of the Ants Makhmalbaf rende la narrazione una lenta preghiera e ci dà conferma che il suo cinema è arte maiuscola, che fa delle immagini mezzo per la ricerca della verità.

(Scream of the Ants) regia, sceneggiatura, montaggio: Mohsen Makhmalbaf; fotografia: Bakhshor; musica: Craig Pruess; interpreti: Mahmoud Chokrollahi, Mahnour Shadzi, Karl Maass, Tenzin Choegyal; produzione: Makhmalbaf Film House; distribuzione: Bim; origine: India-Francia; durata: 91’


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