Tra vita e morte: Shyamalan e la risoluzione degli opposti

M. Night Shyamalan occupa nel panorama cinematografico americano un ruolo a parte. E’ vero sì che le sue opere possono essere etichettate in un certo cinema di genere, ma è altrettanto vero che quest’etichetta va stretta ad un autore che non vuole offrire solo prodotti di entertainment. I film di Shyamalan hanno infatti sempre due facce in contrapposizione. Lo stile rarefatto costruito con lunghe carrellate e affascinanti soggettive è finalizzato alla creazione di un climax di subdola tensione ma sottende, anche, una minuziosa analisi delle relazioni umane.
Il regista indiano naturalizzato statunitense lascia i suoi film in bilico tra elementi antitetici. La sua intera opera è fondata sul rapporto vita/morte. In ogni pellicola si sente il peso di quest’opposizione. La morte (propria od altrui) è l’elemento che si infrange sui personaggi e deteriora le relazioni tra loro. I protagonisti dei film di Shyamalan sono sempre travolti dal dolore di un lutto, che li porta inevitabilmente ad affrontare le contraddizioni della ragione e della fede, e quindi dell’ Io e dell’ “Oltre”, della logica terrena e della forza divina, fattori dell’altra antitesi costante nel suo cinema.
La maschera di thriller soprannaturale di tutti i suoi film a partire da The Sixth Sense nasconde dietro di sé uno studio degli affetti umani. Famiglia, amore ed amicizia: sono questi i punti di partenza del cinema di Shyamalan e sono le basi sulle quali l’uomo costruisce la propria vita. A turbare questi affetti, dunque, è la morte. Ciò è evidente sin da Wide Awake. Pur non trattandosi di un thriller, la pellicola è comunque caratterizzata dall’elemento soprannaturale. Dopo la morte dell’amato nonno, il bambino protagonista cerca in tutti i modi una via razionale per trovare Dio. Quest’ultimo, ovviamente, rappresenta la vita o, perlomeno, è lo strumento “altro” che le possa dare un senso dopo un grave dolore emotivo.
Analogo discorso può essere fatto per Signs e The Village. Nel primo l’invasione aliena è solo il pretesto per analizzare, in una situazione limite, un nucleo familiare colpito dal dolore per la morte della moglie-madre. Il secondo, invece, nascondendo dietro ad una facciata di film in costume una critica alla società contemporanea, porta a considerare quest’ultima come il simbolo della criminalità (e quindi della morte) e ripone l’innocenza (e quindi la vita) in un passato in cui l’ingenuità e la cecità (metaforica ma anche fisica - il personaggio interpretato da Bryce Dallas Howard è cieco) rappresentano i fattori necessari per un quieto vivere.
Se in Signs e The Village vita e morte sono antitetici ma messi in relazione da una legge di consequenzialità (la vita implica una morte, ma la morte può risultare l’inizio di una nuova vita), in The Sixth Sense e Unbreakable, Shyamalan le porta a fondersi e a considerarsi complementari. Nel film con Bruce Willis e Haley Joel Osment, il dottor Crowe vive nella morte e non lo sa (ritorna il tema della cecità: Crowe non “vede” ciò che vede il bambino dotato di sesto senso, e cioè non si rende conto di essere passato ad altra vita): vita e morte, dunque, oltre a fondersi, si confondono, creando illusioni e lasciando l’uomo in bilico tra la realtà e la relativa apparenza.
In Unbreakable i due elementi si contrappongono ma si completano. Considerando l’ “Uomo di Vetro”, il personaggio interpretato da Samuel L. Jackson una personificazione della morte (non solo è un uomo fisicamente fragilissimo, ma uccide migliaia di persone con attentati finalizzati alla ricerca del suo perfetto opposto) e quello interpretato da Bruce Willis una personificazione della vita (non ha mai avuto alcun tipo di malattie ed esce illeso da qualunque incidente), e analizzando le loro caratteristiche, si può notare come essi siano complementari in tutto: la fragilità di uno si oppone all’indistruttibilità dell’altro; uno è nero, l’altro bianco; l’ “Uomo di Vetro” ha un’attività lavorativa soddisfacente, il personaggio di Willis ha un impiego precario; l’uno ha un solido rapporto affettivo con la madre, l’altro vive una difficile situazione familiare.
Anche in questa pellicola, però, c’è un elemento che confonde vita e morte: infatti, l’acqua, simbolo della vita, rappresenta l’unico limite per i “poteri” del protagonista e quindi per lui il solo pericolo di morte. In un certo senso questo “scambio di ruoli” Shyamalan l’aveva già attuato: in Signs è proprio l’acqua l’unico mezzo per sconfiggere gli alieni. Ma in questo caso, la loro morte implica la sopravvivenza degli uomini.
