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Turn me on, Goddammit!

Pubblicato il 1 novembre 2011 da Alessandro Izzi

VOTO:

Turn me on, Goddammit!

Alma è una ragazza problematica in un paesino di immutabili certezze.
Tra strade di montagna vuote e trattori in placido movimento, tra bambini che saltano su un telo elasticizzato e una vicina di casa che spia il movimento di ognuno e lo riporta nel suo taccuino stile Miss Marple, non è che la vita possa riservare particolari sorprese. Sicché tutte le ragazze del posto, che, per andare a scuola, prendono un autobus che le porta in un liceo piccolo e male in arnese, non fanno che sognare e sperare un futuro migliore. Un’ambizione che non può non principiarsi se non con un viaggio di sola andata fuori dalle abitudini che il corpo adolescente mal tollera e distante dai lavori di cassiere nei supermercati sempre vuoti.

Alma inganna l’attesa del futuro assecondando il movimento convulso degli ormoni che la vogliono donna. Laddove altre ragazze si limitano a spostarsi da una festa all’altra consumando birra e sognando sesso, lei si imbarca nella fantasticheria erotica con zelo a dir poco eccessivo. Del resto il nostro primo incontro col personaggio si consuma in cucina, mentre lei, stesa a terra vicino ad un apparecchio telefonico, si masturba ascoltando, all’altro capo del filo della Hot line, la voce annoiata di un uomo che la tira lunga per incassare di più. Alma le sue fantasticherie le continua anche a scuola, o nei pomeriggi sonnacchiosi dell’estremo nord, quando inventa delicati amplessi col ragazzo dei suoi sogni. E nulla sarebbe cambiato in quest’inesorabile avanzata verso il noioso mondo degli adulti, se il destino, o l’ennesima fantasticheria, non ci avesse messo beffardo lo zampino. Ad una festa noiosa come tutte le altre accade infatti ad Alma di essere avvicinata proprio da Artur che, senza proferire né Bi né Ba (come cantavano le lascive ballate medioevali), le si accosta e le strofina addosso il suo bel pene eretto in un gioioso poke cui la macchina da presa regala anche un estremo close-up. La ragazza, eccitata, lasciata dal fanciullo che sorride beato, corre a raccontare l’accaduto alle amiche che non le credono e lo stesso ragazzo, interpellato a viva voce, nega tutto e anzi ringrazia Alma per l’indelicata invenzione che lo rende, a chi ci crede, un maniaco sessuale.
In breve la povera fanciulla si trova a dover affrontare l’incubo di ogni teen ager che si rispetti: l’essere marginalizzata per via della sua verità. Ma questo poke che a tanto scandalo conduce c’è stato veramente o è solo frutto di un ennesimo svarione mentale della giovane? Verità o fantasia? Dovrebbe essere questa la domanda intorno alla quale far ruotare buona parte di Turn me on Goddamit, commediola norvegese che si vorrebbe come il salmone ed assomiglia di più allo stoccafisso. Usiamo il condizionale perché in realtà il problema del film sta proprio tutto qui. Diviso tra l’adesione assoluta al mondo immaginifico della fanciulla e la descrizione del microcosmo sociale (scolastico, ma anche familiare con la madre che comincia quasi ad aver paura delle eccessive pulsioni sessuali che guidano la figlia), il film annaspa senza trovare una bussola precisa. L’intera storia gira un po’ a vuoto nella descrizione di un’adolescenza faticosa, divisa tra il desiderio della carne e un disperato anelito alla condivisione.

Forse la parte migliore del film è proprio questa restituzione spassionata del mondo solipsistico dei ragazzi, con Alma che sogna il sesso, ma resta confinata nei gironi dell’autoerotismo, della masturbazione e delle hot line a pagamento e la sua amica del cuore che scrive lettere ai condannati a morte, ma non ha poi il coraggio di spedirle.
Questo mondo chiuso, privo anche delle illusioni metacomunicative della rete e di Facebook (elementi che non compiano nemmeno nell’arco organizzativo della pellicola), si porta dentro una tragedia segreta che ha il cuore duro di un diamante ben difficile da scalfire.
Ma se, in fondo, i personaggi possono apparire nella loro intimità anche abbastanza ben sbozzati, è la loro interrelazione nel nome del grottesco acidulo a non funzionare del tutto. E se le figure femminili hanno un loro valore, le figure maschili restano confinate alla sola azione della loro assenza, del loro non parlare e del loro non mettersi in gioco.
L’idea, in sé abbastanza originale, era certamente quella di produrre un film capace di esplorare senza troppi moralismi, e ad altezza di ragazzo, il tema del sesso e delle difficoltà del crescere. Turn me on Goddammit, però, nonostante le varie buone intenzioni, resta, però, fermo ai blocchi di partenza.


CAST & CREDITS

(Få meg på, for faen!); Regia: Jannicke Systad Jacobsen; sceneggiatura: Jannicke Systad Jacobsen - (dal romanzo di Olaug Nilssens); fotografia: Marianne Bakke; montaggio: Zaklina Stojcevska; musica: Ginge Anvik; interpreti: Helene Bergsholm, Matias Myren, Malin Bjørhovde, Beate Støfring; produzione: Motlys AS (Norvegia); origine: Norvegia, 2011; durata: 76’


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