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URLO

Pubblicato il 30 novembre 2004 da Carla Di Donato


URLO

Premesso che una critica allo spettacolo di Pippo Delbono così, a sé, pare davvero non avere alcun senso, o ragione, si scriverà per sottrazione - per tentare di dire quello che non è (assolutamente) lo spettacolo - e per equivalenza; per tutto il resto: andatelo a vedere, ma solo per scelta.

Impossibile capire, definire, scolpire in un discorso. Meglio tagliare alla radice ogni compromesso che tenti di articolare tramite parole una cornice logica, o razionale, o (peggio ancora) “critica” ad un lavoro che, appena oltreconfine (leggi Francia) viene osannato dalla stampa, mentre in Italia viene spesso trattato dalla stessa con pesante (e assai grezza) ignoranza. A volte è tra le più incredibili, deflagranti scoperte, ammettere (accettare) di non “capire”, o di non aver voglia di imboccare quella strada, ma tutta un’altra, che niente ha a che vedere con quello che finora si è sperimentato (e assimilato, digerito), e che sa più di cerimonia, rituale dall’altra metà del mondo, di là dove l’estetica gioca un ruolo solo se si spoglia degli specchi per riflettere il lato profondo dell’umano, quindi, il più cattivo, o il più sporco, o il più crudele, o sadico, o violento, e, in quel calice rituale, tocca con un dito il suo rovescio:la Bellezza.
Ma non si può parlare di Pippo Delbono, di un suo spettacolo, seriamente pensando di dire qualcosa di definitivo o di sostanziale, perché al momento, la lente prospettica temporale, che nel suo caso è determinante, ancora non c’è. Bisogna aspettare, avere pazienza, dare tempo al tempo. Ma nel frattempo, certo qualcosa si deve dire.
Ogni scena è un urlo (solo le due finali sembrano incedere verso l’amore e la pace), ogni “quadro” che Delbono compone in una scena riempita fino all’orlo, come un contemporaneo Mejerchol’d dell’umano deflagrato, in un grande organismo vivente, palpitante fino all’orlo di carne umana in putrefazione, o in aperta ferita sanguinante, dove continuamente, che sia su dei Metallica o su una musica da estate anni ’60, si scosta il velo di Maja e si getta lo sguardo sull’umana verità.
Appaiono marce della banda della Scuola di Musica Popolare di Testaccio, che decontestualizzata sembra entrare ed uscire da un quadro di Magritte, costumi e maschere dalle viscere dell’onirico, un’iconostasi del potere ecclesiastico agonizzante e Bobò, all’inizio ed alla fine, come unico, assurdo, re...della scena, del Potere squarciato e rovesciato. Umberto Orsini, il solido attore di tradizione, al termine dialoga e scambia con lui due tiri di pallone in una scena di gioiosa leggerezza, Giovanna Marini canta una nenia di pace, di invocazioni semplici dell’uomo: è l’umanità sopravvissuta al terzo conflitto mondiale, alla guerra batteriologica, straziata fino all’osso, fino al culmine del dis-umano, di tutto ciò che ci dilania e allontana dall’essere semplicemente umani, schiacciata dall’ultima epidemia, che ha sterminato il pianeta sovrappopolato e agonizzante, eccola, l’umanità di Pippo Delbono, fa la sua apparizione, emergendo direttamente da un remoto futuro, incarnando una memoria primordiale e proiettata nel tempo, e ci inchioda con la sua testimonianza precisa di una passione (e di un amore) per la creatura umana sconvolgente a tal punto da...urlare. Non tutti gli astanti reggono (il volume assordante della musica rock, o i gemiti, lo strazio di un neonato-adulto torturato) quell’urlo che forse non si vuole ascoltare.
Due ore che equivalgono ad una cerimonia che accoglie tra le braccia l’umanità intera, grondante di dolore per il quotidiano colpo assassino al cuore.

[novembre 2004]

ideazione e regia: Pippo Delbono
interpreti: Fadel Abid, Dolly Albertin, Gianluca Ballaré, Raffaella Banchelli, Bobò, Viola Brusco,Enkeleda Cekani, Margherita Clemente, Piero Corso, Pippo Delbono, Lucia Della Ferrera, Ilaria Distante, Claudio Gasparotto, Gustavo Giacosa, Simone Goggiano, Elena Guerrini, Mario Intruglio, Nelson Lariccia, Gianni Parenti, Mr. Puma, Pepe Robledo, Marzia Valpiola
con la partecipazione di: Umberto Orsini e di Giovanna Marini e la Banda della Scuola di Musica polare di Testaccio diretta da Silverio Cortesi
scene: Philippe Mariole
luci: Manuel Bernard
produzione: Emilia Romagna Teatro Fondazione // Teatro di Roma //Festival d’Avignon // Le Volcan - Scène Nationale du Havre // Maison de la Culture de Bourges // Scène Nationale de Sète // Spieltzeiteuropa Berliner Festspiele Théâtre de la Cité // Théâtre Nationale de Toulouse in collaborazione con Fondazione Orestiadi di Gibellina


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