Valentina Rosati porta in scena Benji

Una scena che diviene la “scatola vuota” dove gettare il mare di ricordi che attanaglia la mente da una vita, ripercorsa dentro il proprio io. Valentina Rosati, giovane regista, diplomata all’Accademia D’Arte Drammatica Silvio, si è cimentata nell’opera di Claire Dowie Benji, progetto con il quale ha vinto Premio “Sandro D’Amico per la messinscena”. Lo spettacolo è stato in scena al Teatro studio Eleonora Duse a fine aprile e al Sirolo il 6 maggio, andrà in scena il 26 giugno a Monte Granaro. Questo lavoro è stato l’esito di una sfida che la regista ha posto alla protagonista Silvia D’Amico, anch’essa attrice diplomata all’Accademia e con un’impostazione molto lontana dal personaggio interpretato. La D’Amico da tempo lavora con la regista e nella compagnia Belteatro, interpretando diversi ruoli tra cui i più significativi La dolce fanciulla in in Grand Hotel Schnitzler, Willie in Proibito, inserito ne I Blues di T. Wiliams e Ofelia in Amleto. Stavolta il confronto è stato con un personaggio particolare, una ragazza introversa, alle prese con una psiche complessa e una vita frastagliata e piena di ostacoli. Benji si presenta al pubblico portando una storia che diviene percorso nella memoria, un cammino all’indietro, disegnato da parole frenetiche avvolte in una patina di timore, che cancellano per un po’ la liberazione del presente, immergendo gli astanti in quel tempo di lei bambina... La figlia di troppo, la figlia che commette errori, l’alunna che non studia e che viene messa in punizione, la bambina sbagliata in una famiglia troppo giusta e perfetta, queste le etichette che l’hanno rivestita durante la sua vita da ragazzina, quando il momento della punizione diveniva un buio angolo di esistenza in cui esercitare il proprio resistere contro la paura. Come sconfiggere quell’ulro che veniva dal vuoto interiore, che trovava sempre ostacolo a venir fuori? Silvia D’amico ha realizzato un’interpretazione originale, vestendo i panni della ragazza piena di dubbi e timorosa nei confronti di una vita che non ha fatto altro che colpirla. Con la voce tremolante e i gesti accennati ha ricreato la condizione di quella proitagonista che la Dowie ha delineato nella sua scrittura drammaturgica come un fragile borderline. Una “psicanalisi” scenica, che ha preso vita attraverso i racconti di Benji e i suoi giochi con l’amico immaginario, con il quale ha potuto contrastare la paure,difficoltà e una vita troppo dura scagliatasi contro di lei, adolescente irrequieta. Nello spazio, a scandire una divisione manichea una sedia, sulla quale la protagonista ha raccontato la sua storia, contrapposta agli spazi circostanti, “macchiati” dalle sue giravolte e dai gesti frenetici,espressione di pensieri altalenanti e dalle sensazioni instabili dell’animo. Niente però ha stabilito una vera nettezza, infatti alla stasi è stata sovrapposta la dinamicità di un io sempre in movimento e nello spazio le tentate fughe di Benji continuavano comunque a trattenerla in un immobilismo, sovrastato dalla sua paura e dal suo senso di vuoto. L’amico imaginario, ironicamente interpretato da Gabriele Portoghese, altro attore fisso della compagnia Belteatro, ha saputo ben incastrare il suo gesto approssimato e frivolo, e una recitazione che lo ha reso presenza aleatoria in scena, capace di fondersi con la forte presenza della D’Amico. Immagini ricreate tramite le “marachelle” fatte a vicenda dai due e i battibecchi susseguiti alle coccole e alle confidenze fatte in tranquillità, fin quando Benji ormai grande e lontana da casa ha deciso di rompere quella proiezione della sua mente in mille pezzi e frantumare i giochi di una vita in favore di un presente adulto, maturo e senza il bisogno di barriere protettive. Musiche rock, danze sconclusionate accompagnate dalle melodie di Schnittke e Nyman, note cantate dai due, che si son rifatti alla celebre opera del Barbiere di Siviglia durante l’apice di quella follia che si stava esaurendo, un ultimo ballo con la parte più profonda del su inconscio, concretizzata in quell’amico immaginario, barriera tra lei e il mondo e intersezione della sua parte conscia con quella inconscia. Un ulteriore senso di spaesamento, che ci fa vedere ciò che non esiste come se invece fosse reale, ci fa guardare dentro la psiche, in quelle parti profonde dove alcuni non vorrebbero neanche mai arrivare. La vita non si è fatta meno dura, ma la ragazza ne ha ormai metabolizzato il suo agire, che non consente tregua all’individuo e così finalmente liberata dalle sue angosce e dal senso di colpa un sorriso si impossessa di lei, ricoprendola in ogni parte della sua pelle, fino a irradiare il palco con una proiezione stavolta reale, quella di una liberazione da quei vincoli costruiti da false credenze e da scomode convenzioni, smontati a poco a poco da un cammino verso la consapevolezza del proprio io.
(Benji); Regia: Valentina Rosati; drammaturgia: Claire Dowie; luci: Camilla Piccioni; scenografie: Marianna Peruzzo; musiche: a cura di Belteatro; interpreti: (Silvia D’Amico), (Gabriele Portoghese); teatro e date spettacolo: Teatro Eleonora Duse 15-21 aprile, sarà alla Mole Vanvitelliana 29-30 maggio; info: Lo spettacolo è stato vincitore del premio “Sandro D’Amico per la messinscena”.
