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Venezia 71 - Anime Nere

Pubblicato il 29 agosto 2014 da Giammario Di Risio

VOTO:

Venezia 71 - Anime Nere

Un porto, una metropoli e un piccolo paesino su una montagna: tre isole dai colori densi e differenti che aggrediscono sin da subito la vita di tre fratelli, quest’ultimi lontani anni luce dal vortice storico del nostro cinema malavitoso. La mitizzazione non alberga le stanze di questa storia, non ci sono eroi negativi ma volti scuri e condannati, mentre un gatto nero attraversa la viuzza del paese divenendo presagio di morte.

Africo, profondo Aspromonte. Luciano è il primo di tre fratelli di una famiglia malavitosa. Egli tuttavia è l’unico onesto, rinchiuso com’è nei suoi pensieri e preda della memoria, mentre gli altri due hanno già venduto l’anima al diavolo. Il più giovane, Luigi, smercia droga in giro per il mondo con fare sicuro, mentre Rocco, elegante e ripulito, gestisce il business a Milano. Quando il giovane figlio di Luciano, Leo, distrugge la vetrata del bar di un clan rivale ecco che inizia la via crucis, che lascerà per strada il rumore dei soldi e delle valigette accompagnando i nostri nella tragedia.

Sin dalle prime sequenze siamo testimoni di un’umanità macchiata, in cui il presentare i personaggi allo spettatore di spalle potrebbe far pensare alla nebulosa del mondo che si va a raccontare. La ‘ndrangheta di Munzi è una tela continuamente toccata dalla fotografia grigia e opaca di Milano in gioco con i colori autunnali dell’Aspromonte, e prende forma mediante un racconto fatto di dualismi: il rapporto padre-figlio, il pensiero e l’azione, il corpo e l’anima, la pioggia e il sole, l’avvertimento e il silenzio, la fede e il vuoto. In questo la macchina da presa ha la forza di mostrarci il tutto sotto una chiave ordinaria, cruda in cui l’evento, il segno con cui andiamo ad interagire non può permettersi di divenire straordinario. Gli uomini che scendono dalle macchine e si salutano prima di un agguato o la rugosa mater dolorosa che piange il figlio morto albergano una terra di mezzo angosciosa e densa, graduata dall’ottima cornice estetica.

Munzi frastaglia il suo linguaggio con riprese a mano, che alzano il ritmo tensivo, mezze figure, che creano stasi e contemplazione, panoramiche, atte a incastonare in un tempo infinito e profondo il racconto mentre la suspence aumenta fino alla sequenza finale, quest’ultima di pregevole fattura. Il dialetto calabrese reitera la voluta nebulosa e diviene simulacro di un mondo dalle ritualità iterate, vicino e lontano allo stesso tempo. Tratto dall’omonimo libro di Criaco, Anime Nere è un racconto denso e dallo sguardo originale che potrà giocarsi le sue carte per il palmarès qui a Venezia.


CAST & CREDITS

(Anime Nere); Regia: Francesco Munzi; sceneggiatura: Gioacchino Criaco, Francesco Munzi, Fabrizio Ruggirello, Maurizio Braucci; fotografia: Vladan Radovic; montaggio: Cristiano Travaglioli; musica: Giuliano Taviani; interpreti: Marco Leonardi, Fabrizio Ferracane, Giuseppe Fumo, Barbara Bobulova, Peppino Mazzotta, Anna Ferruzzo; produzione: Cinemaundici, Babe Film, On My Own Produzioni Cinematografiche, Bianca Film; origine: Italia, 2014; durata: 103’;


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