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Venezia 71 - Conversazione con Letizia Caudullo, montatrice de "La vita oscena"

Pubblicato il 2 settembre 2014 da Fabiana Sargentini


Venezia 71 - Conversazione con Letizia Caudullo, montatrice de "La vita oscena"

Non è la prima volta che lavori con Renato de Maria: siete in sintonia?

Con Renato avevo già’ montato, Paz! e adesso stiamo completando il montaggio di un film documentario, per l’istituto Luce. l’intesa e’ ottima, direi.

Questo film è tratto da un romanzo omonimo di Aldo Nove? La scelta dell’utilizzo della voce fuori campo per rendere la matrice letteraria, che desumo sia stata presa ai tempi della sceneggiatura e delle riprese, quanto ha condizionato la struttura e il metodo di montaggio?

La voce fuori campo era già un elemento fondante nella sceneggiatura, tanto è vero che ci sono pochissimi dialoghi nel film. Per cui abbiamo lavorato al montaggio con una voce off "guida", fin dalla prima stesura. Il ritmo delle immagini seguiva quello del racconto off. Man mano che il film trovava la sua forma, però, la forza delle immagini ha cominciato a pesare sulla scelta della voce off, nel senso che a volte bastava l’immagine a rendere quello che la voce raccontava. Quindi una parte del lavoro di montaggio lo abbiamo dedicato a trovare il giusto equilibrio tra i 2 elementi narrativi: la voce e l’immagine.

Come avete deciso di usare gli effetti?

L’uso degli effetti era stato pensato già in fase di sceneggiatura e preparazione del film. Certo man mano che il montaggio andava avanti il dialogo con il responsabile, Bruno Albimarini si è fatto sempre più intenso e interattivo.

Il montaggio porta una doppia firma, tua e di Jacopo Quadri. Come è andata? Qual è stato il vostro metodo di lavoro?

Con Jacopo ci conosciamo da tempo e abbiamo già in passato co-firmato dei film (tra cui Paz!). C’è una grande stima e simpatia reciproca. Trovo che lavorare in due al montaggio possa essere molto stimolante. Ogni montatore porta la propria sensibilità nel film (in questo caso una femminile e l’altra maschile) e questo non può che arricchire il film stesso.

Preferisci lavorare con registi che conosci o con sconosciuti?

Ti direi che preferisco lavorare con quelli bravi!! Quelli sconosciuti comunque, all’inizio, ti richiedono un’energia in più, per conoscersi ed entrare in sintonia ma alla fine del film hai fatto una nuova conoscenza e spesso è nata una nuova amicizia.

Preferisci lavorare con materiale di repertorio o con shooting classico?

Mi piace tutto quello che è stimolante nella costruzione del racconto. Quando mi si invita a cercare una strada meno battuta.

Con quali registi vorresti lavorare? Italiani ma anche stranieri. E perché?

Mi piacerebbe lavorare con Alice Rohrwacher, mi piace il suo immaginario e come lo racconta. Di registi stranieri ce ne sono tanti, Refn è solo il primo che mi viene in mente.

Ti capita mai, rivedendo dopo tempo i film che hai fatto, di pensare "questa scena l’avrei montata diversamente"?

Mi capita raramente di rivedere i film che ho fatto. E più che giudicarmi mi tornano alla mente tutte le cose vissute in quei mesi di lavoro. Come rivedere delle foto di tanti anni prima.

Tu hai un carattere ideale: calma, rassicurante, positiva. Queste qualità pensi ti avvantaggino nel lavoro?

Sicuramente. Ma ho anche un terribile difetto, non so mentire. Se una cosa non mi piace me lo leggi in faccia.

Come lavori con la colonna sonora? E come tutto il materiale sonoro?

Musica e suoni mi accompagnano sin dai primi attacchi di montaggio. Prima ancora di iniziare chiedo sempre al regista, che suggestioni musicali vorrà usare e chi sarà il musicista. Ugualmente per il suono a cui dedico sempre un giusto spazio creativo. Ne La vita oscena, ci siamo divertiti molto con Renato a montare intere sequenze con i suoni registrati dal fonico Max Gobiet, tubi, giostre, traffico, gocce, skate. Rallentando e astraendo ne abbiamo fatto un suono altro che raccontasse l’universo interiore del protagonista.


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