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Venezia 71 - Hill of freedom

Pubblicato il 3 settembre 2014 da Giampiero Francesca

VOTO:

Venezia 71 - Hill of freedom

Cosa accadrebbe se scomponessimo in tanti piccoli pezzi, una storia semplice, un ragazzo e una ragazza, un amore, un incontro mancato, facendone frammenti di un puzzle ricomposto poi alla rinfusa? È questo lo spunto narrativo di Hill of freedom di Hong Sangsoo, breve racconto di vite possibili, di sogno e di realtà.

Basta poco più di un’ora, sessanta minuti di delicata quotidianità, per dipingere una dolce favola se si è in grado di dosare, sulla tavolozza, i colori giusti. Colori che Hong Sangsoo, da sempre, mescola con rara maestria. Non è facile, infatti, fra passare tanta emozione e pathos, in un racconto di banali incontri, attese in un caffè, cene solitarie e passeggiate vuote. Quasi nulla accade, infatti, in Hill of freedom. Eppure si rimane imbrigliati, legato ad un racconto dalla trama tanto esigua da esser quasi inesistente. È uno gioco di atmosfere, di sentimenti vissuti o sognati. È la magia di una attesa immobile ma al tempo stesso viva, fervente. È la forza, tenera, calda, accogliente, di un cinema dal sapore familiare, che ti accoglie e ti avvolge, che ti fa suo senza una precisa ragione. Cercare di trovare un senso, di razionalizzare, sensazioni così eteree, impalpabili sarebbe impresa vana.

Con il tocco delicato di un maestro Hong Sangsoo torna, dopo il delicato In Another Country, a giocare con il tempo e la sua ciclicità. Il semplice racconto di vite che si incrociano, che nella pellicola del 2012 si ripeteva, per tre volte, uguale a se stesso, viene ora scomposto e riassemblato. Il tempo perde così la sua funzione. Senza causa ed effetto, senza un oggi e un domani, restano solo le emozioni, il pathos a fare da collante della narrazione. Così come nella pellicola interpretata da Isabelle Huppert, così anche Hill of freedom scorre leggero, un fluire che sembra non richiedere mai alcun reale nesso logico. Come narcotizzata dal procedere lento e delicato della pellicola la ragione cessa la sua costante ricerca di un senso, di una motivazione, di una spiegazione a ciò che sta vedendo. Lo stile semplice, l’anima dal sapore retrò, restituisce un clima sognato e mai completante reale, distante dallo spettatore eppure vicino alle sue emozioni. La stessa interpretazione di uno spaesato Ryô Kase, uno interprete giapponese in un cast tutto coreano, contribuisce a creare quest’atmosfera sospesa, ammaliante e magica. Un’atmosfera ormai firma riconoscibili di uno degli autori più importanti della cinematografia asiatica contemporanea.


CAST & CREDITS

(Jayueui onduk); regia: Hong Sangsoo; sceneggiatura: Hong Sangsoo; fotografia: Hongyeol Park; montaggio: Sungwon Hahm; interpreti: Ryo Kase, Sori Moon, Younghwa Seo, Euisung Kim; produzione: Jeonwonsa Film Co.;origine: Sud Corea, 2014; durata: 66’


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