Venezia 71 - La rançon de la gloire

Un ospedale è la casa dei malati o la casa dei dottori? E invece una galera è la casa delle guardie o la casa dei ladri? Ogni cosa acquista valore, significato a seconda del punto di vista da cui la si guarda; in questo caso il dramma c’è ed è spalmato su più fronti, tuttavia interagiamo con esso grazie allo humour che ci sostiene e ci riporta indietro nella memoria, a quando il cinema era una lanterna magica.
Vevey, Svizzera. Eddy è appena uscito di prigione e ad attenderlo fuori dai cancelli c’è Osman, un suo amico algerino di vecchia data. L’ex galeotto viene ospitato in una roulotte, a patto che insegni il francese alla figlia dell’amico, la piccola Samira. Il nucleo umano vive di stenti mentre la moglie di Osman è in ospedale e rischia di morire se a breve non si troveranno cinquantamila franchi. Al sognatore Eddy viene allora in mente di trafugare la salma di Charlie Chaplin, morto da pochi giorni e sepolto proprio a Vevey, per chiedere un grosso riscatto alla famiglia. Sarà tuttavia difficile convincere il riluttante Osman.
La storia è ambientata nel 1977 e i due poli attoriali che ci guidano sono Osman e Eddy; essi certificano continuamente un doppio binario caratteriale, schivo e preoccupato il primo viceversa sognatore e impulsivo il secondo, che governa la narrazione. La piccola Samira è l’agente di mediazione tra i due mentre, durante il film, emerge lentamente la figura “divina” di Chaplin. Quest’ultima vive di tre livelli significazione: un versante estetico, con le immagini in tv che ci riportano ai suoi capolavori, un versante ideale, con la metafora sull’immaginario e il rapporto tra sogno e realtà, e un versante pratico, con le comiche diatribe che caratterizzeranno le azioni dei due cialtroni portando a ovvie conseguenze. Il regista Beauvois puntella le immagini con spazi che ritornano ciclicamente, da una cabina telefonica, teatro di gag esilaranti, alla villa dei Chaplin, dalla povera casa dei due allo zoo dove Eddy riscatterà la sua esistenza, fino ad arrivare al letto d’ospedale della moglie di Osman, di fatto il macguffin della storia. La colonna sonora si affida a registri classici mentre la macchina da presa non è mai invadente lavorando sapientemente per testimoniare, far sognare lo spettatore e mai per farlo immergere nel quadro.
Un film tratto da una storia vera, che ha come versante drammatico la solitudine e la difficoltà di due uomini nell’affrontare la realtà e l’angoscia, la preoccupazione della famiglia di uno dei geni del cinema mondiale. In alcuni momenti ci sono dei cali di ritmo e delle ingiustificate stasi, tuttavia è lietamente evidente la sincerità e la grande curiosità del regista nel recuperare una fetta di storia, nonostante ampie sezioni inventate, che diventa metafora dell’animo umano e del cinematografo.
(La rançon de la gloire); Regia: Xavier Beauvois; sceneggiatura: Etienne Comar; fotografia: Caroline Champetier; montaggio: Marie-Julie Maille ; interpreti:Benoît Poelvoorde, Roschdy Zem, Nadine Labaki, Chiara Mastroianni; produzione: Arches Films, Rita Productions, Why Not Productions; origine: Francia, 2014; durata: 114’;
