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Venezia 71 - Manglehorn

Pubblicato il 31 agosto 2014 da Giampiero Francesca

VOTO:

Venezia 71 - Manglehorn

A volte basta un nome: Al Pacino. Un pensiero che sarà probabilmente balenato anche nella mente di David Gordon Green e di chi, insieme a lui, ha prodotto e realizzato una pellicola come Manglehorn. Senza il fascino, la bravura, il magnetismo dell’attore newyorkese sarebbe infatti stato probabilmente impossibile entrare nella pallida vita del protagonista della pellicola.

Il suo negozio di chiavi e serrature, un amatissimo gatto, i pasti da fast food. Solo questo riempie la vita del signor Manglehorn. L’ossessione per un amore passato ha infatti segnato la sua esistenza, per inseguendo un ricordo che non tornerà. Nulla sembra poter scalfire il duro guscio che protegge l’animo del fabbro. Neanche i pochi affetti, la gentile commessa della banca, la piccola nipotina, sembrano in grado di riportare alla realtà la mente di Manglehorn, pronta a rifuggiarsi, una volta rientrato a casa, nelle sue lettere, nelle rovine della sua mente. Grazie alla straordinaria bravura di Al Pacino, ai suoi sguardi, alla sua mimica, David Gordon Green, costruisce una delicata empatia fra spettatore e protagonista, un senso di condivisione che lega la sala buia alla routine dell’anziano fabbro. Così la nostalgica tristezza di Manglehorn, il suo straniante pessimismo, la sua cupa visione del mondo, fanno pian piano breccia negli animi. A differenza del precedete Joe però, la parabola distruttrice del protagonista, non vira mai nei toni della tragedia. C’è, in fondo, un pizzico di magia che ammanta il signor Manglehorn, "l’uomo dei miracoli", come le fate che colorano le foglie d’autunno; una magia in grado di far rinascere la speranza nel deserto più arido. Così ciò che di buono esiste nel genere umano, i piccoli gesti, una canzone, un mazzo di fiori, un sentimento puro, può ancora salvare anche chi sembra essersi, definitivamente lasciato andare.

Una pellicola toccante e delicata, Manglehorn, se si riesce ad entrare in simbiosi con la grigia vita del protagonista. Se però non si riesce a creare questa empatia, se non si viene avvolti dal mesto manto di rassegnazione e tristezza che copre le sue giornate, se non ci si sento coinvolti dalla sua lenta quotidianità allora la pellicola diretta da David Gordon Green tradisce tutti i suoi lati deboli. Il film infatti appare fin troppo chiaramente costruito, con una fotografia elaborata, un ricorso continuo a dissolvenze ed effetti, un gusto per il citazionismo chic più adatto per una platea come quella di un festival come il Sundance.


CAST & CREDITS

( ); regia: David Gordon Green; sceneggiatura: Paul Logan; fotografia: Tim Orr; montaggio: Colin Patton; interpreti: Al Pacino, Holly Hunter, Chris Messina, Harmony Korine, Natalie Wilemon, Kristin Miller White, Aj Wilson McPhaul, Rebecca Franchione; produzione: PRODUZIONE: Worldview Entertainment, Dreambridge Films, Muskat Filmed;origine: USA , 2014; durata: 97’’


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