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Venezia 74 -The cousin

Pubblicato il 9 settembre 2017 da Fabiana Sargentini

VOTO:

Venezia 74 -The cousin

Israele. Alba. Un uomo in macchina si dirige in una zona di periferia, si accosta e viene circondato da persone che si offrono come lavoratori per la giornata. Naftaly (Tzahi Grad), noto attore televisivo, ha appuntamento con un operaio consigliatogli dal suo giardiniere. Sale un primo uomo in macchina ma non è lui. Il secondo conosce il suo nome, è evasivo nell’illustrare le sue competenze, dopo qualche scambio rivela di essere il fratello del capo dell’impresa edile, come è dimostrato dalla scritta sulla maglietta che indossa “& bros”: lui è il brother, il fratello. Naftaly porta Fahed (interpretato da Ala Dakka), palestinese magro dai tratti nervosi e gli occhi vispi, nella casetta studio nel giardino di casa sua: vanno ridipinte le pareti, messo sotto traccia l’impianto elettrico, data un’aggiustata a tante piccole cose. Fahed si dichiara adatto per farlo. Vanno insieme a prendere i materiali lì vicino, da un anziano rivenditore. Una chioma fluente riccia fa capolino dai prati, butta uno sguardo e se ne va. Poco dopo una sirena suona, si diffonde la notizia che la proprietaria della capigliatura appariscente ha subito violenza ma non vuole dire da parte di chi. Nel quartiere si scatena una guerra pregiudiziale nei confronti dello straniero portato da Naftaly. Nella lunga tradizione dello Sconosciuto che sconvolge la quotidianità con l’avvento del malvagio (da Teorema di Pasolini a Mother! di Aronofski, in competizione quest’anno), il film si srotola in maniera tesa e acuta verso un finale liberatorio, da applauso (com’e stato, durante la proiezione ufficiale in sala Darsena). Attori naturali, fotografia e movimenti di macchina coerenti con la materia narrata, regia sapiente e sceneggiatura spiritosa rispetto alla spinosità dell’argomento sono gli elementi felici che fanno di questo film un’ora e mezzo di intelligente e consapevole coinvolgimento davanti a un fatto che potrebbe accadere ovunque a chiunque, ma non sempre e non tutti avrebbero la costanza, la buona fede, la predisposizione onesta del protagonista a divenire protettore a spada tratta di uno qualcuno diverso da sé, appartenente a un’altra religione e un’altra cultura, che reca inevitabilmente il germe del dubbio (per qualche breve istante anche in Naftaly). Godibile commedia nera.


CAST & CREDITS

(Ha Ben Dod); Regia, sceneggiatura: Tzahi Grad; fotografia: Eitan Hatuka; montaggio: Sari Bisharat, Danny Rafic; musica: Sapir Matityahu; interpreti: Ala Dakka, Tzahi Grad, Osnat Fishman; produzione: Ehud Bleiberg, Tzahi Grad; origine: Israele, 2017; durata: 93’


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