XXVII Festival di Cinema Africano di Verona - Africa Paradis
Nel 2033 gli Stati Uniti d’Africa rappresentano il paradiso terrestre e la meta di milioni di profughi. In fuga da un’Europa in cui crisi finanziaria e conflitti interrazziali non offrono prospettive, Olivier e Pauline entrano illegalmente in Africa, scoprendo sulla loro pelle la dura realtà degli immigrati irregolari.
Ha vinto il futuro. Anzi, il presente. Per comprendere la vittoria di Africa Paradis è necessario fare due considerazioni. La prima: da un punto di vista strettamente cinematografico, il film di Sylvestre Amoussou è una buona produzione, anche se non all’altezza dell’intenso Ezra di Newton Aduaka o dell’esteticamente straordinario What a Wonderful World di Faouzi Bensaïdi, pellicole che hanno comunque ricevuto una menzione speciale della Giuria Ufficiale per la qualità artistica e l’equilibrio tra stile e temi affrontati. La motivazione del premio assegnato dalla Giuria ci porta alla seconda considerazione, di carattere contenutistico: «Il film, con tono sospeso tra commedia e dramma, ribalta la visione sull’immigrazione, invitando noi occidentali a una riflessione oggi importante soprattutto in Italia, dove il dibattito sull’immigrazione assume troppo spesso toni esasperati, lontani da quella pratica del confronto sereno e democratico di cui il Festival del Cinema Africano di Verona è un esempio.» Africa Paradis, già vincitore del Premio speciale Sembene Ousmane al Fespaco 2007, è un’opera importante dal punto di vista dello sviluppo di un dialogo interculturale. Il ribaltamento di situazione che ne sta alla base, semplice ma efficace, ha colpito il pubblico in sala fin dai provocatori titoli di testa. Sviluppato a partire da un cortometraggio omonimo del 2001, il film ha richiesto anni per trovare una sala disposta a proiettarlo, fino a quando il tam tam del web, su cui Amoussou ha pubblicato una lettera aperta, ha fatto sì che in una sala francese si radunassero migliaia di persone, consentendo alla pellicola di iniziare il proprio viaggio promozionale e, perché no, competitivo. La sceneggiatura ha il pregio di presentare con tono leggero una situazione tragicamente attuale, sottoposta ad una sorta di contrappasso dantesco, ma pecca forse di alcuni passaggi risolti in modo affrettato, soprattutto negli snodi tra i personaggi. Tra cui spiccano i leader dei partiti opposti: Modibo, idealista sostenitore di un progetto di legge favorevole all’integrazione dei bianchi e interpretato dallo stesso Amoussou; Yokossi, deputato del partito radicale africano, un Emil Abossolo M’Bo perfetto villain già visto in altri due film in concorso (Ezra e Les Saignantes). Vince il contenuto sulla forma e in questo caso non è un male: una conciliazione tra popoli, suggerisce Amoussou, è possibile. Nel nome di un’idea di tolleranza e accettazione della diversità, sentita, per una volta, come ricchezza.
(Africa Paradis) Regia: Sylvestre Amoussou; sceneggiatura: Pierre Sauvil; fotografia: Guy Chanel; montaggio: Nicolas Chaudeurge; musica: Wasis Diop; interpreti: Sylvestre Amoussou (Modibo Koudossou), Stéphane Roux (Olivier Morel), Charlotte Vermeil (Pauline), Emil Abossolo M’Bo (Yokossi); produzione: Métis Production; origine: Benin - 2006; durata: 86’