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200 METERS

Pubblicato il 23 settembre 2020 da Fabiana Sargentini

VOTO:

200 METERS

Sono duecento i metri che separano Mustafa - padre di famiglia palestinese, operaio afflitto da mal di schiena - da Salwa, sua moglie e madre di tre figli: abitano ai due lati del muro che divide lo stato di Israele dalla West Bank palestinese. Si incontrano durante il giorno nella casa dove l’uomo abita con la madre oppure, quando gli è stato concesso il visto giornaliero di lavoro, passa a trovarli dopo una dura giornata in cantiere nella dimora della moglie che esercita la professione di sarta in terreno israeliano e dove i figli, a prezzo di insulti e pestaggi, vanno a scuola. Mustafa è stufo della distanza dai suoi cari, ogni sera accende - come un faro nella notte - una lampadina nuda sul terrazzo giocando coi bambini a una messaggistica amorosa di alternanza tra luce accese e luce spenta. È provato da una vita difficile, da una difficoltà subita, dalla frustrazione di non essere mai dove vorrebbe essere. Quando si scontra con la fiscale burocrazia di un documento scaduto, durante l’emergenza di recarsi in fretta in ospedale al capezzale del figlio maschio, si ritrova contratto a rivolgersi a loschi contrabbandieri per passare il confine a pagamento: una giornata particolare che lo porterà a incontrare sconosciuti pronti a tutto, a affezionarsi a ragazzini con la passione del calcio (come il suo unico figlio maschio), a prendere il controllo della situazione in momenti di grave pericolo. Mustafa è un eroe di tutti i giorni: un padre di famiglia, un uomo solo che vorrebbe riuscire a mantenere le persone che ama, un uomo normale che lotta contro mostri più grandi di lui.

Con stile asciutto e diretto, senza sconti o mezzi termini, il regista Ameen Nayfeh dipana in 200 meters una tragica vicenda umana portandola alle estreme conseguenze senza mai dimenticare la sottile ambiguità insita nel raccontare, nella necessità di documentare, col rischio continuo di calpestare vite umane. L’onestà messa in discussione, il coraggio esasperato, lo sprezzo dell’esistenza i temi - profondissimi e rischiosi - messi sul piatto di una messa in scena realistica densa di colpi di scena, degna di un thriller, con la potenza lineare delle cose semplici: l’amore - matrimoniale e verso i figli - la sopravvivenza, lo sbarcare il lunario, la negazione dei diritti umani, la lealtà verso i propri simili, anche se non appartenenti alla stessa razza, alla medesima religione, al di qua o al di là di un muro divisorio. Il ruolo della europea documentarista racchiude i dubbi intrinsechi nella narrazione di storie come questa.

La trama riporta alla memoria le atmosfere de Gli amori difficili di Italo Calvino - precisamente il racconto dei due operai, marito e moglie, che fanno turni diversi e non si incontrano mai - in una chiave contemporanea politicamente complessa come l’annosa questione arabo-israeliana.

Finale da lacrimoni: circolare e poetico ma rassegnato con dignità. Duecento metri sembrano pochi ma possono diventare decenti chilometri: ci può volere anche una intera giornata per percorrerli. Il viso di Ali Suleiman - interprete di Mustafa - si stampa nella memoria, degli occhi e del cuore.

Per la cronaca: Premio del Pubblico BNL alle Giornate degli Autori di Venezia 2020.


CAST & CREDITS

(200 meters); Regia: Ameen Nayfeh; sceneggiatura: Ameen Nayfeh; fotografia: Elin Kirschfink; montaggio: Kamal El Mallakh; musica: Faraj Suleiman; interpreti: Ali Suliman,Anna Unterberger, Motaz Malhees,Lana Zreik, Gassan Abbas; produzione: Odeh Films, MeMo Films, Metafora Production; origine: Palestina, Giordania, Qatar, Italia, Svezia, 2020; durata: 96’.


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