A proposito di Davis
Ecco la ballata folk dei fratelli Coen, il racconto, pienamente nello stile dei due registi di Minneapolis, dell’esistenza di un cantante alla continua ricerca di un successo che non sembra poter arrivare mai. Llewyn Davis è l’ennesimo perdente, antieroe, fallito della loro filmografia, sulla scia di Drugo Lebowsky e dei protagonisti di A Serious Man e L’uomo che non c’era. E attorno a lui la solita squadra di comprimari personaggi al limite della demenza e dell’assurdo che segna le tappe del suo incessante girovagare in cerca di un tetto dove dormire, di un locale dove esibirsi, di un contratto da firmare, di un’ispirazione che da quando non canta più in duo ed è diventato solista non è più la stessa.
A proposito di Davis non è certamente tra i migliori lavori dei fratelli Coen, eppure per questa sua riflessione sotterranea sull’arte, la musica ed in fondo sul cinema stesso diventa un nuovo importante tassello nella loro coerente cinematografia. Sullo schermo scorre un vero e proprio condensato degli stilemi narrativi e dei topoi della loro poetica, fatta di humor sottile, situazioni paradossali, figure improbabili, personaggi costretti nelle loro fissazioni mentali all’inseguimento della loro essenza, di un obiettivo, di un senso da dare alla propria umile ed insignificante vita. E’ una ruota che gira su se stessa la nuova fatica dei Coen, un movimento perpetuo che termina al suo punto iniziale. Non è infatti un caso che A proposito di Davis parta proprio da dove finisce, in una struttura narrativa circolare che ripone il personaggio in un’evoluzione statica, inesistente che cozza completamente con il suo attivo girovagare senza sosta.
I due autori costellano il racconto di infiniti elementi, personaggi, cambi di scena e lo cadenzano non solo con il susseguirsi degli incontri che fa il protagonista – uno straordinario Oscar Isaac – ma anche con le sue perfomance canore, che coraggiosamente sono riportare nella loro interezza. Tali momenti musicali che potrebbero interrompere la fluidità della narrazione sono invece delle pause di riflessione necessarie ad essa. Il ritmo e le noti soavi dei brani contribuiscono infatti ad infondere la tonalità da ballata al film, che nella sua costruzione reiterativa, nel suo raccontare i meandri di una vita critica e apparentemente senza speranza, acquista una dimensione malinconica e incantata che forse i Coen non avevano mai raggiunto nella loro carriera.
Superlativa la fotografia chiaroscurale di Bruno Delbonnel, indimenticabili le interpretazioni degli attori, da un John Goodman istrionico, a un F. Murray Abraham equilibrato, da una Carey Mulligan intensissima e impeccabili nel canto, a un Justin Timberlake inedito. Tutti perfettamente coinvolti nell’atmosfera unica creata da Coen.
(Inside Llewyn Davis) Regia e sceneggiatura: Joel & Ethan Coen; montaggio: Roderick Jaynes; fotografia: Bruno Delbonnel; costumi: Mary Zophres; interpreti: Oscar Isaac, Justin Timberlake, Carey Mulligan, John Goodman, F. Murray Abraham; produzione: Long Strange Trip LLC; distribuzione: Lucky Red; origine: USA; durata: 105’.