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Adam

Pubblicato il 14 maggio 2010 da Alessandro Izzi
VOTO:


Adam

Adam, a guardarlo da fuori come potrebbe fare un vicino appena trasferitosi nel quartiere, è un trentenne carino e a modo.
Le mamme lo penserebbero marito ideale per figlie in cerca di comoda sistemazione: è di bell’aspetto, la mattina lo si vede andare compito al lavoro e il pomeriggio lo si vede tornare di buon umore. Non sembra avere vizi, non intrattiene amicizie “ambigue” o “pericolose” e le serate le passa seduto sul portico a guardare la gente che passa o sulla panchina del parco ad aspettare la visita di una famigliola di procioni che, incredibile a dirsi, ha preso residenza proprio a New York. L’aria goffa ed un poco infantile è di quelle che fanno tenerezza e, ad ogni passo, ci disegna sulle labbra un sorriso indulgente di quello che si riserva ai bonaccioni che non farebbero male ad una mosca e un po’ ci stanno male in questo mondo cinico, fatto per lo più di menzogne.
Ma a stargli vicino più a lungo di un saluto tutto moine e convenevoli, ci si accorge che Adam ha tratti inquietanti.
Quel lavoro che gli porta lo stipendio con cui riesce appena a mantenersi in un appartamento troppo grande per uno scapolo è ben al di sotto delle sue possibilità reali. Del resto perché un appassionato di astronomia dovrebbe accontentarsi di creare chip per bambole?
E anche quel sorriso un po’ grottesco con cui saluta i vicini di casa rivela una timidezza eccessiva per un trentenne cui è appena morto il padre, ma non lo diresti mai.
In realtà Adam soffre di Sindrome di Asperger: una forma di autismo che alcuni interpretano come mancanza di immaginazione. Il ragazzo non riesce mai a capire cosa pensano gli altri, non riesce ad intuire i sentimenti nascosti tra le pieghe dei piccoli gesti del vivere comune. Ed è anche brutalmente onesto. Non sa nascondere un’idea dietro giri di parole e circonlocuzioni da abile politicante. Se una cosa non gli piace, potete star tranquilli che ve lo dice in faccia con un candore tale che vi rende difficile anche offendervi per lo sgarro appena subito.
Ad inizio film Adam incontra Beth, una giovane scrittrice di libri per bambini che insegna in una scuola elementare il valore sano della verità così come la canta la fiaba del Re nudo. La ragazza esce da una storia travagliata, fatta di menzogne e ha alle spalle una situazione familiare all’apparenza sana, in realtà minata nel fondo anch’essa dal cancro delle mezze verità. E per lei Adam è un antidoto al veleno delle nostre ipocrisie.
Crede di innamorarsene, invece si ripiega nel sentimento certa solo che, per un po’ almeno, non le verranno dette altre bugie. Adam, dal canto suo, vede nella ragazza la possibilità di una crescita. Lei gli insegna a tenere colloqui di lavoro, a parlare con gli altri, a farsi una vita sua anche fuori dell’appartamento che aveva condiviso solo col padre.
Non una storia d’amore, quindi, ma un reciproco aggrapparsi di due anime strane; un connubio di solitudini in cui la sindrome è solo un ingrediente che avrebbe potuto anche non esserci (e qui si rivela la delicatezza di tocco del regista), ma che tuttavia c’è.
Beth lo intuisce, ma è Adam a capirlo per davvero: a segno che alle volte la vita la capisce meglio il diversamente abile che non il così detto normodotato. Ed ecco che la malattia diventa cartina di tornasole che ci obbliga a confrontarci con la così detta normalità: un gesto narrativo risaputo eppure mai privo di una sua certa efficacia.
Il film colpisce per la sua capacità di stare ogni momento in punta di penna, con una leggerezza che non evita le scene forti (il confronto tra il padre di Beth e la coppia di amanti è dolorosa e vera), ma sa discioglierle in una visione ulteriore. Ha tratti delicati e pudichi anche quando racconta il sesso, con accenti delicati che forse un poco stonano con la schiettezza del personaggio principale, ma non con il tono complessivo del racconto.
Forse c’è un po’ troppa indulgenza in quella tenerezza con cui gli adulti guardano al mondo dei bambini, ma le contraddizioni sono inquadrate tutte e negli occhi di Adam (complice un notevole Hugh Dancy) brillano spesso lacrime di autentica tragedia.


CAST & CREDITS

(Adam); Regia e sceneggiatura: Max Mayer; fotografia: Seamus Tierney; montaggio: Grant Myers; musica: Christopher Lennertz; interpreti: Hugh Dancy, Rose Byrne, Peter Gallagher, Amy Irving, Frankie Faison, Mark Linn-Baker, Haviland Morris, Adam LeFevre, Mike Hodge, Peter O’Hara, John Rothman; produzione: Olympus Pictures, Deer Path Productions, Northwood Productions, Serenade Films, Vox3 Films; distribuzione: 20th Century Fox; origine: USA, 2009; durata: 99’


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