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Aferim! - Concorso

Pubblicato il 12 febbraio 2015 da Matteo Galli

VOTO:

Aferim! - Concorso

“Io non so se son cinesi o valacchi son costor”, canta la serva Despina in Così fan tutte di Mozart/Da Ponte. Prima di oggi era l’unica altra volta in cui – in un’opera di finzione - si era sentito parlare della Valacchia, regione che insieme alla Moldavia e alla Transilvania venne a formare per un breve periodo lo stato nazionale rumeno, per poi essere sballottato nel corso dei secoli sotto il giogo di diverse forze occupanti. Nella Valacchia, all’altezza del 1835, si svolge il film dal misterioso titolo Aferim!, un’espressione di origine turca, che sta a significare qualcosa come “ottimo lavoro!”, “bene così!”. E in quegli anni, più che in altri periodi la Valacchia era il crocevia di molteplici influssi linguistici e culturali, russi, greci o per l’appunto turchi. Si potrebbe definire Aferim! un film on the road, on the land road. Un capitano e suo figlio attraversano a cavallo la campagna, le foreste, i borghi, i mercati armati di pistole e di un mandato di cattura in cerca di uno zingaro, schiavo fuggito al suo padrone, un signorotto, un boiardo. Prima di fuggire è andato a letto con la consorte del padrone, che non è mai una grandissima idea; apprenderemo tuttavia strada facendo che è stata lei a circuirlo. La prima metà del film tratta la ricerca del fuggitivo; la seconda metà del film, dopo la cattura, verte sulla domanda: che farne? Riconsegnarlo al boiardo, ben sapendo che il povero zingaro – in Valacchia gli zingari, tanto per capirci, venivano chiamati “cornacchie”– rischia di fare una bruttissima fine oppure tornare a farlo fuggire, soprattutto dopo aver saputo come sono andate le cose? In mezzo a questi due quesiti, intorno a cui ruota il plot, il film si compone di incontri, di dialoghi e di monologhi, ambulanti. Incontri con mercanti e contadini, poliziotti e delinquenti, preti e puttane. Monologhi del capitano e di altri personaggi sulla vita e sul mondo. Ne risulta un universo fortemente conflittuale, pieno di ostilità e di pregiudizi ai quali si cerca di far fronte con un richiamo, poco più che rituale ormai, ai valori della fede, dell’autorità e della tradizione, esemplata, quest’ultima, da un continuo ricorso a proverbi e modi di dire. Memorabile resta l’incontro col prete che culmina in un monologo esilarante in cui, come nella cartina geografica che gira in internet (http://www.assemblea.emr.it/paceedi...), ogni popolo d’Europa viene descritto e infamato, con una sentenza che si richiama ad una loro presunta caratteristica peculiare (gli italiani, tanto per dire, tutti bugiardi). Si tratta di un film qua e là ripetitivo, ma scritto bene, una bella fotografia in bianco e nero, e un bravissimo attore (Teodor Corban) che interpreta il capitano. Viene spontaneo interrogarsi sul senso di questa ricostruzione storica e le possibili risposte sono due. La prima: lavoro memoriale di un giovane regista rumeno trentottenne (è il suo terzo film, gli altri due erano passati a Berlino ma nella sezione “Forum”, rispettivamente nel 2009 e nel 2012), il quale, dopo che il cinema rumeno, ha in abbondanza indagato negli ultimi anni le ferite del recente passato, si volge più indietro a studiare – con tanto di consulenza storica alle spalle – la storia più lontana di quello che poi sarebbe diventato il suo paese. La seconda, e più importante: è molto forte la sensazione che il film possa comodamente essere letto come un film a chiave, ossia come allegoria della contemporaneità, come una riflessione sul pregiudizio etnico (la gran parte delle attribuzioni negative, oltre che agli zingari, sono riferite agli ebrei), sulla pressoché inesistente mobilità sociale della società contemporanea che in teoria ma solo in teoria avrebbe abolito la schiavitù, sulle relazioni di dominio dell’uomo sulla donna. Questa lettura è suggerita ma non imposta dal regista. E questo è un grande merito di un film onesto che nel concorso di Berlino non sfigura affatto.


CAST & CREDITS

(Aferim!); Regia: Radu Jude; sceneggiatura: Radu Jude, Florin Lazarescu; fotografia: Marius Panduru; montaggio: Catalin Cristurlu; interpreti: Teodor Corban (Constantin); Mihal Comanoiu (Ionita); Cuzin Toma (Carfin); Alexandru Dabija (Jordache); produzione: Hi-Film-Productions, Bucarest; origine: Romania-Bulgaria-Repubblica Ceca, 2015; durata: 108’


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