Americana - XIII: Triscaidecafobia
La triscaidecafobia è la paura delle conseguenze legate alla superstizione del numero 13. Bel nome. Una fobia che al cinema ha fruttato una decina (o una tredicina?) di titoli in un modo o nell’altro legati a un numero dal fascino meraviglioso, spesso declinato in chiave esoterica/soprannaturale ma non solo (dai Venerdì 13, ovviamente, al Tredicesimo guerriero di McTiernan, dai 13 assassini di Miike a Ocean’s 13, dai 13 spettri al memorabile 13dici a tavola di Oldoini). Numero di Lucifero, il tredici è primo, felice, stellato, idoneo, fortunato e quadrato centrato (rimandiamo a Bertrand Russell per le definizioni, o più tranquillamente a Wikipedia). Il dodici, numero apostolico, ha altrettanta fortuna al cinema e altrettante implicazioni cabalistiche, se non di più, però gli manca un aspetto che invece ci interessa riguardo a questo prodotto televisivo.
Tra le altre cose, infatti, il tredici è la settima cifra della successione di Fibonacci (matematico pisano del, indovinate?, XIII secolo). La successione si calcola mettendo in sequenza dei numeri ciascuno dei quali è il risultato della somma dei due precedenti. Bene: XIII, serie franco-canadese trasmessa da un mesetto sulle frequenze di Sky Uno (canale 109, numero primo) e basata sulla graphic novel seriale belga creata da Jean Van Hamme e William Vance (entrambi 12 lettere nel nome), ha un interesse tranquillamente calcolabile attraverso la successione di Fibonacci, proprio arrivando sino al 13 – ovvero sommando di volta in volta gli elementi precedenti.
Nel 2008 Duane Clark dirige il tv movie XIII: The Conspiracy, tratto appunto dal fumetto di Van Hamme e Vance, con Val Kilmer e Stephen Dorff: da questa produzione in due puntate viene fatta figliare la serie, con Clark, vecchio volpone del piccolo schermo (ha lavorato in bestseller come Dark Angel, CSI, Boston Public), che resta con il ruolo di produttore esecutivo, e Stuart Townsend (il Dorian Gray della Leggenda degli uomini straordinari di Norrington al cinema) che prende il posto di Dorff (ovviamente manca anche Kilmer, nel frattempo fortunatamente recuperato da Herzog, Renny Harlin, Francis Ford Coppola). E dunque possiamo già sommare il fumetto al film del 2008.
Stilisticamente e concettualmente, però, XIII è figlia di talmente tanta di quella tv d’azione degli ultimi anni che sarebbe difficile delineare per intero l’universo di ispirazione, da Prison Break all’immarcescibile 24 (ancora numeri, è chiaro – I want to believe in miracles, not just belief in numbers), a uno qualunque dei prodotti medi che passano su AXN, a cui malauguratamente rimandano le scene di lotta e di azione coreografate in maniera lenta e decisamente piatta.
L’addizione non è ancora finita, perché per nostra gioia la serie vanta le partecipazioni, in ruoli femminili opposti, di Caterina Murino che ritenta la carta action dopo Casino Royale, e della magnificente Virginie Ledoyen, già musa di Oliver Assayas e Jean Francois Richet (vi consigliamo di non perdere quantomeno i titoli di testa di Ma 6-T va crack-er, anche per il numero nel titolo, va da sé).
Due fantastiche distrazioni al plot complottistico-governativo con perdita di memoria annessa, trovata ovviamente sempre debitrice del Frankenheimer di due capolavori come Operazione Diabolica e Va’ e uccidi, in tempi recenti riesumati dalla saga di Bourne.
Come ben sanno gli amanti delle cospirazioni, è sempre molto facile riportare i complotti a questioni numeriche, calcolatorie, statistiche, balistiche: ma XIII è una serie ridotta ai minimi termini già di suo, e inoltre, come dice il poeta, i numeri non si possono amare.