X

Su questo sito utilizziamo cookie tecnici e, previo tuo consenso, cookie di profilazione, nostri e di terze parti, per proporti pubblicit‡ in linea con le tue preferenze. Se vuoi saperne di pi˘ o prestare il consenso solo ad alcuni utilizzi clicca qui. Chiudendo questo banner, invece, presti il consenso allíuso di tutti i cookie



An education

Pubblicato il 5 febbraio 2010 da Lorenzo Vincenti


An education

Twickenham, 1961. Mentre Londra e l’Inghilterra si preparano ad accogliere gli effetti di una modernità ormai vicina, alle porte della imponente capitale britannica la sedicenne Jenny passa gran parte del proprio tempo a studiare sui libri di scuola e a cantare le canzoni francesi di Juliette Greco. Divisa in due dalla necessità di accrescere la propria cultura e dalla voglia irrefrenabile di sognare ad occhi aperti quel gentile e garbato mondo da cui tanto è attratta, Jenny osserva la propria vita dalla squallida prospettiva di una cameretta della periferia londinese, rispettando al contempo i rigidi dettami di una educazione austera impartita dalla famiglia e cedendo di tanto in tanto al piacere gratuito offerto da un libro d’evasione, da un disco di tendenza o dalla foto patinata di una Parigi soltanto immaginata. L’animo idealista e raffinato della ragazza si scontra così con l’impostazione conformista di una scuola ancora legata alle metodologie antiche e con la concezione altrettanto vetusta di una famiglia d’altri tempi, il cui unico obiettivo è quello di formare una ragazza preparata, ben inquadrata, da responsabilizzare semmai con un libro di latino in più, piuttosto che con la compagnia di un qualunque teddy boy sciatto, disonorevole e, per di più, dannoso alle prospettive dell’adorata infanta. Quando, così, un giorno alla fermata dell’autobus Jenny si ritrova improvvisamente davanti la spider rossa del trentenne David, dandy guascone dall’aria scanzonata che le propone in maniera gentile e distaccata un passaggio verso casa, è come se si concretizzasse davanti alla ragazza il primo vero bivio di una vita intera. Dietro le sue spalle la rigorosa architettura ordinata di una scuola (di violoncello) pedante ma funzionale ad una riuscita futura, davanti agli occhi invece (e dentro quella macchina) la prospettiva di una vita comoda, fatta di scorciatoie, probabilmente piena di piaceri e dissolutezza ma certamente intensa e vissuta. Appesantita da un indottrinamento continuo, Jenny sceglie di poter vivere per una volta i suoi sogni, decide di entrare dentro la macchina di David non solo per raggiungere il suo appartamento ma anche per assaporare finalmente le frivolezze offerte da un ragazzo gentile, ironico e sorprendente. Al posto dello studio e della responsabilità la ragazza opta per i brividi di un amore rischioso ma incantevole, per le emozioni di una giornata che continua anche oltre l’orario di cena, per il gusto del proibito offerto da una sigaretta francese, da un bicchiere di champagne di marca, da un vestito charmant e da una pettinatura accattivante. Tutte tentazioni gustose che si possono accettare anche a costo di una onestà intellettuale da sacrificare (David, con la complicità di Jenny, fa continuamente credere ai genitori di lei di essere un uomo per bene e soprattutto inserito nel mondo che conta) e di una legalità da gettare al vento solo per il gusto di essere “contro” (dopo alcuni tentennamenti Jenny perdona a David e al suo amico il furto di una mappa preziosa). D’altronde se i genitori sono contenti di quell’uomo tanto da farne il loro prediletto in casa (a discapito di uno spasimante più giovane ma più inutile) e se Jenny stessa riesce persino a coronare il suo sogno di vedere Parigi, perdervi la verginità al compimento dei suoi 17 anni e poi a tornare a casa piena di racconti e regali da donare alle sue amiche di scuola (anche ai docenti) allora vuol dire realmente che gli sforzi sin qui compiuti non hanno avuto senso, che il cammino difficile verso Oxford può essere sacrificato, mentre la meta di una vita raggiunta e guadagnata con il sudore della fronte può passare definitivamente in secondo piano di fronte alle doti di un “uomo di casa” elegante, inserito e capace di regalare possibilità più di quanto faccia lo studio. Ma quando il destino sembra posare gli occhi sulla ragazza, illuminando davanti a lei un cammino da percorrere senza più impedimenti o problemi di alcun tipo, proprio quando il destino appare ormai ben definito, An education e la splendida prima sceneggiatura dello scrittore Nick Hornby (ispirata dal saggio autobiografico della giornalista inglese Lynn Barber) intervengono però per deviare la traiettoria di una storia all’apparenza prevedibile ma in grado in realtà di appassionare il pubblico fino all’ultimo fotogramma. La capacità di narratore più volte dimostrata da Hornby nei suoi scritti passati, nonché la predisposizione del suo stile ad essere tradotto in immagini rendono l’esperienza di An education unica e suggestiva. La semplicità della storia, infatti, vecchia quanto la Lolita di Nabokov/Kubrick (se non di più), non affievolisce di certo l’interesse concreto verso una narrazione capace di coinvolgere lo spettatore con strumenti semplici e genuini. Come la splendida ed efficace restituzione dell’atmosfera pre-rivoluzionaria dell’Inghilterra inizio anni ’60, così in bilico tra un perbenismo dilagante ed una energia generazionale pronta ad esplodere in faccia alla pedanteria del sistema; o l’utilizzo di un altrettanto articolato sistema comunicativo capace di arricchire la sceneggiatura “parlata”, già di per sé molto interessante, con una infinità di sottintesi, allusioni, smorfie e movimenti vari (del corpo, del volto) concessi alla libera interpretazione del cast di attori (tutti molto convincenti).
Il gusto retrò della sceneggiatura di Hornby (tipica caratteristica di un autore veramente bravo a raccontare il passato, soprattutto quando questo affonda nell’intimità di un individuo, di un gruppo o di un nucleo familiare) dona all’intera struttura un sapore nostalgico unico, dietro il quale si muovono la leggerezza di accadimenti piacevoli e la concreta rappresentazione di una società lontana nel tempo, troppo lontana per essere compresa oggi. Una società in fermento, non ancora pronta ad ospitare gli stravolgimenti esistenziali che si preannunciavano ma di fatto incubatrice di cambiamenti drastici in tema di considerazione della donna nella società, di una sua definitiva emancipazione, di gioventù e di passaggio di consegne tra vecchia e nuova generazione. Tutti temi questi che il film affronta in maniera delicata, elegante, senza gli eccessi militanti tipici di certo cinema contestatore ma con una compostezza molto più appropriata al tipo di film e ai toni che esso utilizza. An education è sostanzialmente un melò di stampo classico che entra in punta di piedi nell’animo dello spettatore per coinvolgerlo con la forza della passione. Quella dei sentimenti e per i sentimenti puri, per la vita in senso stretto e per le componenti che la rendono unica. An education è un piccolo film sincero che la regista danese Lone Scherfig (Italiano per principianti) ha confezionato in maniera onesta ed equilibrata (sfruttando per certi versi e confutando per altri l’esperienza pregressa di Dogma) un tipo di film gradevole, debitore di tanto cinema lontano. Ma anche di tanti film recenti. Viene alla mente, ad esempio, il Revolutionary Road di Sam Mendes che esattamente come il film della Scherfig si apprestava un anno fa ad affrontare da protagonista la notte degli Oscar, tra la sorpresa dell’opinione pubblica generale e quella degli addetti ai lavori. Un film che suscitava le stesse sensazioni di An education (solo più mature e meno disincantate) e che, al pari dell’opera della Scherfig, utilizzava il fascino di un milieu passato per indagare con occhio sincero e partecipativo l’evoluzione della passione umana. Questo ed altro ancora torna a rivivere oggi, ad un anno di distanza, attraverso un piccolo film che ha già commosso e conquistato la platea alternativa e lungimirante del Sundance film festival. Ottima premessa ad una notte degli Oscar che si prennuncia più interessante che mai (il film come quello di Mendes ha ottenuto tre nomination), in cui il film inglese sarà chiamato a ricoprire il ruolo scomodo ma interessante di outsider.


CAST & CREDITS

(An education) Regia: Lone Scherfig; soggetto e sceneggiatura: Nick Hornby, basato sul saggio di Lynn Barber; fotografia: John De Borman; montaggio: Barney Pilling; musiche: Paul Englishby; scenografia: Andrew McAlpine; costumi: Odile Dicks-Mireaux; interpreti: Carey Mulligan (Jenny), Peter Sarsgaard (David), Olivia Williams (Miss Stubbs), Alfred Molina (Jack), Cara Seymour (Marjorie), Matthew Beard (Graham); produzione: Bbc Films, Endgame Entertainment, Finola Dwyer Productions, Wildgaze Films; distribuzione: Sony Pictures; origine: GB; durata: 100’; web info: http://www.sonyclassics.com/aneducation/.


Enregistrer au format PDF